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martedì 18 febbraio 2020

Magaldi: Salvini e Meloni si decideranno a battersi per noi?



Salvini che sparacchia su Bruxelles ma poi incarica Giorgetti di correggere il tiro, e intanto (evidentemente mal consigliato) bacchetta le donne che scambierebbero l’aborto per un’alternativa alla contraccezione, giusto per deliziare gli antiabortisti cronici. La Meloni risponde da par suo: condanna il bieco Fiscal Compact ma al tempo stesso assolve il suo gemello, il pareggio di bilancio. Gli altri politici? Non pervenuti: quei temi, nemmeno li sfiorano per scherzo. In questo frangente si salva solo l’indifendibile, inesistente Renzi: almeno, ha il coraggio di puntare sulla prescrizione, come ciambella di salvataggio in un sistema-giustizia che impiega secoli per emettere una sentenza, spesso dopo aver messo alla gogna presunti colpevoli che poi si scoprono innocenti. Ma che razza di paese è mai questo? C’è qualcuno che ha idea di come si potrebbe pilotare l’Italia, nel 2020 e soprattutto nei prossimi anni, in base a una parvenza di disegno strategico? Pare di no, purtroppo: si vive solo alla giornata, rincorrendo effimeri consensi. E mentre Lega e Fratelli d’Italia colpiscono nel mucchio, senza un piano preordinato né una visione leggibile, il Pd si limita all’eterno ruolo di cameriere italiano dell’Ue, attorniato dal fantasma imbarazzante dei 5 Stelle: dopo aver tradito tutte le promesse, i grillini credono di cavarsela tagliando futuri parlamentari e attuali vitalizi.
Stendendo un velo pietoso su Zingaretti, Di Maio e l’intera scolaresca di Conte, non c’è molto di che consolarsi neppure osservando gli ultimi svolazzi propagandistici dell’opposizione: «Alla fine, queste continue oscillazioni non pagano», sostiene Salvini agita il crocifissoGioele Magaldi, fondatore di un gruppo d’opinione – il Movimento Roosevelt – nato nel 2015 per tentare di inoculare nei partiti italiani il virus della sovranità democratica. Sotto osservazione, in particolare, c’è l’ex Carroccio, salito dal 4 al 30% in pochissimi anni, destando – a seconda dei casi – grandi speranze e grandi paure. «La Lega di Salvini, spesso ingiustamente criticata – dice Magaldi – deve puntare a rendersi più progressista, più laica, più “larga” nella percezione dell’elettorato, e anche più congruente, più coerente, con meno distanza tra le parole e i fatti». Per Magaldi, «non si cresce agitando in modo disorganizzato alcuni temi, che possono piacere di volta in volta agli uni o agli altri: si cresce se si ha un progetto convincente per l’Italia». E questo «vale per la Lega, ma anche per gli altri partiti, inclusi quelli di governo». Secondo il leader “rooseveltiano”, l’Italia ha bisogno di un progetto lungimirante, «non a breve termine, non fatto di improvvisazioni e di esternazioni naïf».
Analogo messaggio per Giorgia Meloni, se è vero che ha bocciato il Fiscal Compact dichiarando però di approvare l’omologo pareggio di bilancio, dato che – secondo la nota canzoncina, clamorosamente falsa – avremmo “vissuto al di sopra nei nostri mezzi”: «Questo è un obbrobrio della peggiore cucina neoliberista, quella grossolana che usava Margaret Thatcher quando doveva parlare ai semi-analfabeti». Spiegazione semplicissima: «Il pareggio di bilancio non ha alcun valore economico e non ha nulla a che fare con una gestione oculata delle risorse», protesta Magaldi: «E’ una cosa vecchia come il cucco, già appartenente alla “teologia” liberista (non ancora neoliberista)». Triste archeologia dell’Italia post-unitaria: «Quintino Sella impose al paese il pareggio di bilancio con un costo sociale tremendo, reprimendo i poveri che scendevano in piazza a Giorgia Melonireclamare il pane». Per Magaldi, «sono pagine infami della storia italiana: il pareggio di bilancio, voluto dalla destra storica nella seconda metà dell’Ottocento, è stato qualcosa di iniquo e classista, in un contesto di grandi disuguaglianze – come quello che viviamo oggi».
Attenzione: «Se le persone fin qui hanno premiato Fratelli d’Italia e la Lega, è perché hanno creduto di poter proiettare delle speranze di rottura con il paradigma neoliberista, finora egemone proprio nelle istituzioni della Disunione Europea». Nel momento in cui, invece, «ci si dimostra stupidamente conformati a quel paradigma», allora i conti non tornano più: «Come si fa a dirsi contro il Fiscal Compact ma a favore del pareggio di bilancio? E’ una contraddizione sciocca». Chiosa Magaldi: «Vorrei invitare la Meloni e Salvini a parlare di meno, studiare di più e ascoltare di più: ne trarranno beneficio sia loro, sia il popolo italiano». E a proposito di formazione personale: non era Salvini quello che si era messo finalmente a “studiare”, per accrescere la sua statura politica in vista di un rinnovamento radicale della governance del paese? «Confermo», risponde Magaldi, in web-streaming su YouTube: «Salvini ha iniziato un percorso di studi per capire come va il mondo, anche da un punto di vista più “sottile” e meno percepito, sul piano essoterico». Chiaro riferimento al mondo delle superlogge internazionali, che secondo lo stesso Magaldi (autore del saggio “Massoni”, edito da Chiarelettere nel 2014) reggono dietro le quinte i destini del pianeta.
Del resto, aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt (massone progressista e “gran maestro” del Grande Oriente Democratico), sono sempre gli stessi salotti super-riservati a giocarsi la partita, anche nell’Italia di oggi: «I due pesi massimi Magaldiche si stanno sfidando, in vista dell’elezione al Quirinale dopo Mattarella, sono i supermassoni Romano Prodi e Mario Draghi, grandi protagonisti dell’involuzione neoaristocratica e post-democratica dell’Unione Europea». La differenza? «Insieme a Christine Lagarde, ora alla guida della Bce, Draghi vorrebbe passare al campo progressista, smentendo la sua stessa storia: sarebbe una rivoluzione decisiva e utile per tutti, ammesso che poi ai propositi seguano anche le azioni». Come dire: il campionato è lungo e i big match devono ancora venire, ma intanto le squadre si stanno scaldando in vista di un derby clamoroso: da una parte Prodi e l’eternità dell’austerity “teologica”, dall’altra il possibile ritorno a un’economia keynesiana che faccia sparire, di colpo, lo spauracchio fittizio del debito e il ricatto dello spread. Ergo: meglio evitare di perdere tempo in chiassate estemporanee, acchiappa-voti. L’unica cosa da fare, per Magaldi, è allenare i muscoli per quando i voti serviranno davvero: urge una politica capace di cogliere la sfida e cambiare volto al futuro, ma sul serio, affrontando gli oligarchi europei una volta per tutte. Salvini e Meloni prendano nota: perché cazzeggiare ancora al Bar dello Sport, visto che c’è da ricostruire l’Italia?

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