Irlanda:
gemma smeraldina incastonata nel blu cobalto dei mari tempestosi del
nord. Cieli sterminati e cangianti, mutevoli ad ogni battito di
ciglia, fanno da sfondo a scenari di purezza indicibile dove la
pietra è silente sentinella di un incanto colorato di verde e
musicato dal vento.
Nell’aria
tersa, dispersi pollini di miti vecchi e nuovi. Lo spirito gaelico è
quintessenza ovunque. Pur la cosmopolita Dublino ne è pervasa in
tutte le sue espressioni.
Lingua,
modi, fierezza d’altri tempi. Un’integrità radicale che solo
dominazioni e sofferenze blindano nei recessi più reconditi della
coscienza collettiva di un popolo.
Sui
sentieri meno battuti, alla ricerca di segrete emozioni, più che
Joyce e gli U2, la Guinness e il Connemara, poterono le “Cliffs of
Moher”, scogliere maestose che guardano l’oceano burrascoso.
Sporgersi
dall’orrido sul delirio del mare è la sfida suprema di ogni cuore
impavido. Gli spazi profondissimi che si offrono allo sguardo
producono una vertigine assoluta. Poi, la sensazione di immergersi
nel cuore e nella musica del creato. Il sole baciò quell’esperienza
,dopo giorni di grigiore e di pioggia, e fece la brughiera ridente di
luce e di calore. Spettacolo supplementare per un’anima già
sopraffatta dallo stupore.
Irlanda:
cantori malinconici e rubizzi, nei vivacissimi pub disseminati in
ogni dove, raccontano agli avventori storie fatte di inferni e
paradisi. Da entrambi, giammai da un solo segno, scaturisce quel che
si suole definire umanità. Il resto è sterile manierismo che fodera
le nostre vite.
ROSARIO TISO
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