La
natura predispone per certi luoghi la fama e l’immortalità.
Svilupparsi
su di una lingua di terra che penetra profondamente un ambiente
lacustre di eccezionale bellezza è ricevere il dono di un paesaggio
unico e il destino di suscitare appetiti di conquista.
Questo
è il fato della penisola di Sirmione e la fortezza merlata che ne
sorveglia l’accesso e i ruderi di un’antica villa romana che ne
punteggiano le estreme propaggini sono la traccia di un secolare
afflato a carpirne la magia e i segni della sua strenua difesa.
La
villa è quella celeberrima di Catullo, sommo poeta latino dall’animo
delicato e nobile, insuperato cantore dell’amore, e la fortezza una
delle tante espresse dalla potenza militare scaligera. Nel giungervi,
dopo un lungo viaggio su per l’Italia e la ricca sistemazione in
un albergo a ridosso della porta d’accesso del maniero, mi
sorprese la sera. Pochi passi sull’acciottolato consunto e, da un
piccolo slargo, scendevano vicoli al lago. Dall’acqua sorse
l’incanto: una coppia di cigni emerse dalle tenebre e scivolò
verso la riva, con un incedere maestoso, quasi a darmi il benvenuto.
Che immagine fiabesca la mia prima immagine di Sirmione!
Poi,
l’indomani, alla bellezza della sua gemma più fulgida si aggiunse
quella della corona che l’ospitava: il Garda.
Più
che lago, mare. Navi poderose ne solcano le onde al pari di frotte di
surfisti e lo sguardo non riesce a contenere lo sviluppo tormentato
delle sue sponde. Le acque, in lontananza, saturano l’orizzonte e
oltre ci si può figurare l’infinito. Come infinito sembra il
profilo del gigante che lo sovrasta: il monte Baldo. Osservare i suoi
duemila metri, spesso coperti di neve, da Malcesine posta ai suoi
piedi, è una vertigine.
La
sinfonia della natura sembra completa quando l’uomo le fornisce lo
strumento del suo genio: a Gardone Riviera c’è il Vittoriale di
Gabriele D’Annunzio. Riduttivo chiamarlo casa; improprio definirlo
museo; generico attribuirgli l’appellativo di tenuta di campagna.
E’ piuttosto il sogno di un visionario, lo sbocco onirico di una
pazzia, la poesia di un eroe guerriero e romantico. Il “Vate”
fece collocare persino una nave nei giardini che contornano la
residenza (Herzog ed il suo “Fitzcarraldo” non hanno inventato
niente),la sua amata “Puglia”. E la sua tomba, svettante nel
punto più alto del parco, padroneggia la vista come una sentinella.
Anche
il mito si fa relitto al cospetto dell’ultimo viaggio.
Rosario
Tiso
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