Quel
che fa di Venezia una città fuori dal comune, oltre alla particolare
collocazione sull’acqua, è la presenza di svariati luoghi
caratterizzati da una concentrazione di beni artistici che
saturerebbero le collezioni d’arte d’intere altre città italiane
e del mondo. E’ quel che andavo meditando varcando l’ingresso
della chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari.
Non
si sa dove posare lo sguardo.
Certo,
la risplendente e grandiosa opera del Tiziano, “L’Assunta”,
domina la basilica e attira immediatamente l’attenzione del
visitatore. Ma, prima di farsi rapire dalla perfezione del più
grande dei pittori veneziani, occorre attraversare una sorta di
galleria delle meraviglie. Cito, quasi a braccio, lo spettacolare
coro lìgneo dei “Frari”, formato da tre ordini di posti,
perfettamente conservato, l’incredibile “quinta” marmorea dello
“Jubè” che campeggia in mezzo alla basilica e dà verticalità
al già gotico impianto.
E
poi, la “Madonna in trono col Bambino e Santi” di Giovanni
Bellini, la “Madonna di Cà Pesaro” di Tiziano, svariati
monumenti funebri dedicati ai dogi ivi sepolti, l’insieme scultoreo
dedicato a Tiziano e ideato dagli alunni del Canova e, dulcis in
fundo, il monumento tombale che ospita le spoglie del Canova.
In
realtà il “maestro” aveva ideato una piramide marmorea
neoclassica in onore di Tiziano Vecellio ma sopraggiunse la morte ed
i suoi allievi pensarono di terminare il suo progetto per ospitare le
sue stesse spoglie.
Il
risultato è un capolavoro assoluto per intensità, modernità,
impatto scenico.
Una
processione dolorosa si approssima ad una piramide con una porta
socchiusa a simboleggiare il mistero del trapasso. L’impatto
risulta emotivamente pungente, come pure la figura velata di notevole
drammaticità che guida il corteo recante un’urna con le ceneri del
trapassato .
Dopo
aver contemplato il monumento a Canova, tutte le splendide
realizzazioni residue presenti nel complesso architettonico dei Frari
le ho solo sfiorate con lo sguardo, in uno stato di trasognato
abbandono.
Rosario
Tiso
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