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domenica 11 gennaio 2015

“Praesidium”: i vini di Ottaviano Pasquale.



Ho scoperto i vini dell’azienda vitivinicola abruzzese  “Praesidium”. Dapprima per caso. Poi nel corso di una cena al ristorante “L’isola” di Foggia, dove ho anche conosciuto il produttore. Infine, “repetita iuvant”, visitando l’azienda vitivinicola in quel di Prezza, in provincia dell’Aquila. Raccontarla è un piacere, a cominciare dalla figura del  titolare, Ottaviano Pasquale. Ottaviano ha raccolto l’eredità paterna nonostante percorsi esistenziali alternativi  ( è laureato in Psicologia). Ma l’ha fatto non come chi subisce un destino fatale, ma come chi è dotato di  un’intima vocazione ed è mosso da una passione sempre crescente. Il suo eloquio, quando ci siamo incontrati per la prima volta,  è stato caldo e vibrante di emozione nel descrivere le sue creature, le ineffabili riserve di Montepulciano d’Abruzzo che l’Azienda “Praesidium” produce da oltre vent’anni. “Praesidium” è un presidio soprattutto dell’agricoltura virtuosa. In un mondo sempre più bisognoso di “veri” contadini e di un rapporto con la Natura corretto e rispettoso, la famiglia Pasquale implementa uno stile agronomico che bandisce l’uso della chimica e rifugge ogni forzatura. Per cui se occorre nutrire il terreno lo  fa solo con letame reperito in stalle del circondario o seminando tra i filari piante da sovesciare, in particolar modo leguminose apportatrici del prezioso azoto. I trattamenti per fronteggiare peronospora e oidio sono solo quelli a base di rame e zolfo.  Ogni lavoro in vigna è manuale: per la  rimozione di erbe infestanti c’è la zappa; potature, spollonature, sfogliatura e raccolta delle uve affidata a mani rispettose e sapienti. Le basse rese e le forti escursioni termiche forniscono una materia prima eccellente che Ottaviano si guarda bene dallo stravolgere in cantina dove l’interventismo è pressoché nullo. Dopo la pigia-diraspatura di rito infatti la fermentazione avviene spontaneamente, senza lieviti selezionati. Il vino poi  permane in acciaio e in legno per periodi variabili a seconda che si tratti di Cerasuolo o di Montepulciano. I vini non subiscono l’impoverimento recato dalla filtrazione e il depauperamento causato dalla pastorizzazione; solo decantazione naturale previa opportuna serie di travasi  e quote esiziali di solforosa solo in fase di imbottigliamento. Nessun segreto dunque, nessuna oscura alchimia : Ottaviano Paquale fa il suo vino così, come l’uomo ha sempre inteso fare dalle sue parti, naturalmente. Il risultato? Eccellente! Dal millesimo 2010 di Montepulciano spillato dalla botte ( non mi era mai capitato di degustare in un ristorante una simile primizia recata dal produttore, per poi ritrovarne l’incanto durante la visita alla cantina), alle annate 2009, 2008, 2007  e 2006, è stato un crescendo gustativo straordinario, con fruttuosità sugli scudi. Nel nettare ancora da imbottigliare, nonostante la manifesta e a tratti debordante ricchezza resa impulsiva dalla gioventù, il naso colpisce per il nitore dei profumi ciliegiosi e la generale franchezza. In bocca il vino già sciorina un bel bilanciamento tra morbidezze e durezze e la trama tannica, ancora ben viva, già palesa finezza e fa intravvedere una felice, completa, futura integrazione. Con il procedere a ritroso delle annate e la riserva 2009, l’assaggio gusto- olfattivo è parso solare, fresco, croccante, ed  incentrato su toni d’amarena, cuoio, caffè e spezie dolci. Un’autentica delizia. Con il 2006  una sottile e pur nitida mineralità fa capolino e sciamano note terziarie quasi affumicate e un inarrestabile susseguirsi di percezioni aromatiche che presto l’intelletto rinuncia a codificare. E’ il momento del puro godimento, fine a sé stesso.                         Per chiudere, la “Ratafià” di Ottaviano, liquore fatto con infusione di ciliegie e visciole nel Montepulciano, capace di  scatenare un’esperienza emozionale che fa il paio con quella vissuta dal critico eno-gastronomico “Ego” nel film “Ratatouille”: nel degustare l’omonima pietanza, l’uomo ricorda e ritorna il bambino che mangiava  le prelibatezze della cucina della mamma. Così per noi :il profumo e il  gusto delle amarene sotto spirito della “nonna”  sembrano  balenare  ad ogni sorso, ad ogni olfazione della solare e calda “Ratafià”.
Rosario Tiso






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