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martedì 27 gennaio 2015

La Torre, Girone e il delirio induista di Manconi e Malan


di Maria Giovanna Maglie -

Hanno ragione a dire che Le Carré a loro gli fa un baffo. Un senatore Pd campione dei diritti umani di tutti, proprio tutti, anche del più fetido spacciatore e del più spietato criminale; un senatore Fi che si suppone essere liberale, garantista e rispettoso del ruolo dei militari; un avvocato che fa yoga, si è fatto induista e naturalmente non se lo è tenuto come evento privato, no, e sta in una associazione nazionale di cui è presidente: tutti insieme hanno fatto la bella pensata di far condannare per omicidio colposo, d'ufficio, a opera di due governi, neanche di una Corte, insomma a prescindere, come diceva Totò, due militari che, per conto dell'Italia, rischiavano la vita in missione antipirateria, per i quali non esiste ancora neanche un capo d'accusa, e che patiscono da tre anni un calvario indignitoso per la nazione, facendolo in silenzio e dignità.
È la riforma della giustizia all'italiana, tutti colpevoli, poi si svuotano le carceri, e dell'onore perduto chi se ne frega. Siccome io sono malpensante, mi viene anche in mente che sia un assist fornito gratis al governo Renzi. Il premier un anno fa inaugurò il suo incarico con pubblica telefonata ai due marò in India, con promesse rivelatesi fallaci. Le ha tentate tutte tranne quelle giuste, ha lasciato trapelare che era fatta altrettante volte, ora sta cercando vie traverse per chiudere l'accordo, pronto anche in questo a pagare di straforo chiunque in loco, pronto a tutto tranne che a iniziative internazionali limpide a schiena dritta. Un aiutino gli serve, devono essersi detti alcuni volenterosi.
Non ci facciamo mancare niente. Siamo al terzo anniversario del calvario di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, una storia che ai lettori de Il Giornale è stata raccontata tappa dopo tappa e bugia dopo bugia, e ora arriva in soccorso la soluzione creativa bipartisan con contributo della società civile, all'italiana, anzi all'italo-indiana in salsa yoga. I tre pensatori sono Luigi Manconi, Lucio Malan e Franco di Maria Jayendranatha, e auspicano che la loro idea venga presa in considerazione dai governi di Roma e Nuova Delhi «per risolvere finalmente il problema che, oltre ai due militari e alle loro famiglie, ha incrinato i rapporti fra i nostri Paesi». Si stanno dando da fare. Prima lo hanno fatto in un convegno tenuto al Senato, poi Manconi lo ha messo nero su bianco nel suo blog per Huffington Post , infine diciamo che ai due politici in queste ora tocca qualche insulto veloce via Twitter , magari da parte di chi da tre anni per i due fucilieri di marina si spende e fatica, e che non ha apprezzato quel che Manconi si sente di definire così: «E se uno scatto di fantasia e un lampo di immaginazione nell'irrigidito scenario delle relazioni internazionali risultassero più efficaci della consunta grammatica della tradizionale attività diplomatica? D'altra parte il George Smiley di John Le Carré non ricorreva mica alla geometrica potenza di chissà quale strategia dell'intimidazione, bensì - e con quali risultati - alle risorse più callide e sottili dell'invenzione intellettuale».
I tre di fatto propongono una sentenza di condanna a tavolino, ovvero omicidio colposo, che indica l'assenza di intenzionalità, e permetterebbe la liberazione dei due fucilieri perché sia in Italia che in India la pena prevista è di cinque anni, se ne sconta la metà, e due anni e mezzo sono già trascorsi abbondantemente. Sfugge loro, o non gliene importa niente, una serie di cose molto serie. La dignità dei due militari e dello Stato, la possibilità mai esperita di un arbitrato internazionale, l'illegalità di un processo in India visto che i fatti sono avvenuti in acque internazionali, la naturale immunità di funzione di cui avrebbero dovuto godere... I 600 militari che proteggono oggi le petroliere italiane in pericolo nei mari del mondo e verrebbero consegnati a una possibile sorte analoga... Le bugie raccontate da tre governi, la commissione d'inchiesta sempre negata, le dimissioni di un ministro degli Esteri, Giulio Terzi, che ancora si chiede perché Mario Monti abbia deciso di rispedire i marò in India. La presunzione di innocenza, valida sempre e per tutti, tanto più ora che finalmente risulta da scambi ufficiali di email che l'incidente denunciato dalla Lexie avvenne quasi tre ore prima dell'uccisione dei pescatori indiani...
I nostri tre la buttano in sociologia, «si deve considerare la rispettiva storia diplomatica di Italia e India e il fatto che ogni vicenda sovranazionale viene regolarmente sopraffatta dal peso delle diverse tradizioni nazionali, dalle tragedie e dai pregiudizi che le segnano, dai conflitti geopolitici e, infine, dal peso vischioso delle cronache domestiche». Già, è tutto molto vischioso, diciamo che fa schifo.

Fonte:Il Giornale

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