Parole di Nichi Vendola, riportate testualmente dal quotidiano La Repubblica il 19 marzo 1985, e ancora adesso ben visibili anche in rete: «Non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia ad esempio, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti - tema ancora più scabroso - e trattarne con chi la sessualità l' ha vista sempre in funzione della famiglia e dalla procreazione. Le donne, da questo punto di vista, sono notevolmente più sensibili. Ma il Pci non è un organismo matriarcale».
Nella stagione del disamore anche gli esseri umani sono merci a buon mercato. Oggi, come nel caso di Nichi Vendola, è possibile affittare o prendere a prestito una donna (previa selezione all’estero) e commissionargli a piacimento un bambino. Cosa c’è di naturale in questo atto di compravendita? Basta avere tanti soldi o la poltrona giusta. Il padre e la madre biologici sono un’altra cosa. E a reti unificate gran parte dei politicanti italidioti parassiti battono le mani a questo gay di Terlizzi sotto processo a Taranto per i disastri dell'Ilva. Singolare coincidenza: è di qualche giorno fa la notizia che nel 2014 e nel 2015, ossia sotto il governo di Vendola, la diossina sprigionata dall'Ilva ha battuto il record mondiale, superiore anche al disastro di Seveso. L’etica? Ormai è un souvenir d’Italie.
Salvatore Rainò è nato il 25/10/1961 ad Altamura (BA) in
Puglia ed è figlio del Dr. Carmelo Rainò, medico anch’egli. Sicuramente suo
padre gli ha trasmesso l’amore per il sapere ed il culto dell’interezza della
medicina.
Alcuni tratti della sua personalità: sensibilità, intuito e
creatività a disposizione di una dimensione planetaria.
La sua storia è costellata di avventure e viaggi a contatto
con la natura e di esperienze di altissima performance psicofisica (escursioni
in ambienti selvaggi, nuoto di superficie e subacqueo, viaggi in bicicletta ed
in moto, corse illimitate, alpinismo, speleologia) esperienze no-limits per
apprezzare tutte le potenzialità che un uomo ha nella sua vita.
Si impegna nel dispiegarsi di un mondo nuovo con lo stesso
spirito ed entusiasmo.
Il tema centrale della sua vita è che il futuro del mondo ha
bisogno da ognuno di noi di un impegno che non sia ordinario bensì
straordinario, un impegno che superi la nostra esigenza di avere una vita
normale e che si proietti continuamente ad una grande famiglia planetaria che
ci veda davvero tutti fratelli spirituali.
Maturità classica a 18 anni al Liceo Classico Cagnazzi di
Altamura.
Ha frequentato il Corso di Medicina e Chirurgia
dell’Università degli Studi di Bari con il piano di studi completo, scelta
libera di pochi medici, (di seguito sono indicate in corsivo le discipline
nelle quali un futuro medico poteva evitare di formarsi), con frequenza
quotidiana di tutte le lezioni, le esercitazioni e dei reparti di tutte le
discipline cliniche e mediche del Corso.
Elenco delle discipline del corso sulle quali egli ha
dimostrato la sua formazione con ratifica formale di accertamento di profitto:
Biologia e zoologia generale – Chimica e propedeutica
biochimica – Fisica medica – Istologia ed embriologia generale – Anatomia umana
normale – Chimica biologica – Microbiologia – Fisiologia umana – Patologia
generale – Farmacologia –– Patologia speciale chirurgica – Patologia speciale
medica – Istologia patologica – Anatomia e istologia patologica – Clinica
neurologica – Igiene – Clinica psichiatrica – Clinica chirurgica generale –
Clinica medica generale – Clinica ostetrica e ginecologica – Clinica pediatrica
– Medicina legale e delle assicurazioni – Radiologia – Clinica dermosifilopatica
– Clinica oculistica – Clinica odontoiatrica – Clinica otorinolaringoiatrica –
Clinica ortopedica – Anatomia chirurgica e corso di operazioni – Patologia
cellulare – Oncologia sperimentale – Neuroftalmologia – Neurofisiopatologia –
Dermatologia sperimentale – Semeiotica neurologica – Neuroradiologia –
Chirurgia maxillo facciale – Psicologia medica – Patologia ostetrica e
ginecologica – Neurochirurgia – Fisiopatologia ostetrico ginecologica.
Durante il corso di studi egli ha frequentato in qualità di
allievo interno l’Istituto di Patologia chirurgica del policlinico di Bari dal
1982 al 1984.
Dal 1985 al 1986 è stato allievo interno dell’Istituto di
Anatomia e Istologia Patologica, ove ha svolto attività scientifica di ricerca
in Immunoistochimica.
Laurea in Medicina e Chirurgia a Bari a 24 anni con pieni
voti assoluti, tesi in Anatomia e Istologia Patologica su un suo lavoro
scientifico: La displasia epatocellulare: inquadramento nosografico e ricerche
sistematiche immunoistochimiche.
Nell’anno accademico 87/88 ha svolto attività didattica in
Anatomia macroscopica presso l’Istituto di Anatomia umana normale
dell’Università degli Studi di Bari.
Dal 1986 al 1990 ha svolto attività di ricerca scientifica e
attività clinica presso la Cattedra di Allergologia ed Immunologia Clinica ,
Istituto di Medicina Clinica dell’Università degli Studi di Bari, ove ha tenuto
anche vari corsi di Immunologia sull’ipersensibilità al veleno di insetti. Per
questo settore, ha anche frequentato uno Stage Universitario presso l’Ospedale
Maggiore di Milano.
Sempre per quanto riguarda l’ipersensibilità al veleno di
Imenotteri, egli ha creato e condotto, presso l’Università degli studi di Bari,
il Settore di Diagnosi e Terapia per l’Ipersensibilità al Veleno di Imenotteri,
promuovendo un rapporto di collaborazione con l’Istituto di Rianimazione
dell’Università degli studi di Bari, ove conduceva la delicata
desensibilizzazione con veleno d’insetti dei pazienti a rischio di reazioni
anafilattiche mortali, argomento in cui è stato pioniere nella Struttura
Universitaria Barese.
Dal 1990 al 1995 ha svolto attività di Medico Interno presso
l’Istituto di Clinica Medica II dell’Università degli Studi di Bari.
Nel 1996, Salvatore Rainò, a termine di una durissima e
lunga selezione su candidatura europea, è stato chiamato come unico vincitore a
ricoprire un’importante posizione di dirigente di ricerca clinica per
un’azienda leader della farmindustria, ma dopo circa un anno si è licenziato
perché ha capito che non era la sua strada.
In questi anni ha ricoperto diversi incarichi presso le ASL
locali, come medico di guardia, medico di pronto soccorso, medico di guardia
interdivisionale, medico scolastico, medico di reparto ospedaliero di medicina
e di ostetricia e ginecologia.
Ha ricoperto la nomina di Tenente Medico, dirigente di
servizio sanitario presso il 13mo BTG Logistico di Manovra della provincia di
Udine, dal 1987 al 1988.
In questo periodo veniva insignito di Encomio Solenne e
riceveva il titolo di Nobil Homo per il “Senso di altruismo ed il Cosciente
sprezzo del pericolo” dimostrati nel corso di un drammatico incendio.
Specializzazione in Allergologia ed Immunologia Clinica a
Bari a 27 anni, con 50/50 e lode, tesi sull’attività clinico-scientifica:
“Allergia al veleno di Imenotteri – Stato dell’arte e studi preliminari”, di
cui Rainò si è occupato per vari anni presso la Cattedra di Allergologia ed
Immunologia Clinica dell’Università di Bari.
Specializzazione in Medicina Interna a Bari a 33 anni, con
50/50 e lode, tesi su: “Indagine epidemiologica su un campione di 458 pazienti
di osservazione allergologica, con particolare riferimento agli aspetti atopici
nella patologia respiratoria”.
Diploma di Medico Omeopata presso la LUIMO di Napoli, Corso
Triennale di Metodologia Sperimentale Clinica Terapeutica Omeopatica a 39 anni.
Diploma di perfezionamento annuale di Metodologia e Pratica
Clinica Omeopatica presso la LUIMO a 40 anni, tesi finale su “Prescrivibilità
del rimedio omeopatico, ritorno dei sintomi e metastasi morbose: uno studio su
600 casi clinici ed i suoi insegnamenti per il futuro dell’umanità.
Nell’ambito della LUIMO, il dr. Rainò ha svolto attività
divulgativa, ha partecipato, anche come relatore, a diversi momenti di livello
internazionale, ha ricoperto incarico di Docenza, ricevendo da Alma Rodriguez
lo Stemma d’oro di Hahnemann.
Oggi, Salvatore Rainò esercita la medicina omeopatica nel
suo Studio in Altamura ed è impegnato nell’esprimere la professionalità più
pura in omeopatia alla luce dei dettami dell’unicismo hahnemanniano.
Sulla scorta delle indicazioni fornite nel 1806 da Hahnemann
nel suo primo lavoro importante, “La medicina dell’esperienza”, l’omeopatia si
basa essenzialmente sui seguenti fondamenti:
le medicine devono essere scelte in base ai sintomi del
paziente, senza fare riferimento alla presunta malattia che li avrebbe causati;
l’effetto delle medicine si può scoprire solo con
esperimenti su persone sane, in quanto nei malati i sintomi della malattia si
confondono con quelli causati dalla medicina;
il “principio dei simili” (similia similibus curantur): le
medicine devono essere scelte in base alla somiglianza tra i loro effetti e i
sintomi del paziente;
le medicine devono essere date in piccole dosi;
il trattamento deve essere ripetuto soltanto al ripresentarsi
dei sintomi.
Alla luce della complessità delle attuali conoscenze, la
medicina omeopatica si inscrive nel panorama delle possibili scelte mediche
come un sistema elegante di diagnosi e terapia di particolare efficacia e
soprattutto rispettoso della congruenza psicofisica della persona, senza
astrarre la malattia da tutto il dinamismo che parte dagli aspetti
costituzionali e si sviluppa nell’autobiografia completa dell’individuo.
Salvatore Rainò è autore di numerosi articoli scientifici e
divulgativi, interviste, interventi in Congressi e Conferenze di Medicina
Allopatica ed Omeopatica.
Autore di:”Omeopatia – curarsi senza medicine” , libro che
spiega i motivi profondi dell’omeopatia, e di “Tre senza sesso una sola
persona”, una triplice testimonianza per un anno delle formidabili dinamiche
delle persone dal punto di vista omeopatico.
Da alcuni anni si è occupato di una sintesi innovativa di
concetti di medicina, elettronica, informatica, chimica, fisica e bioenergia,
mettendo a punto ricerche ed idee che hanno preso corpo nella realizzazione di
invenzioni particolari che troveranno impiego nel campo del benessere.
Principali momenti ufficiali dell’attività formativa e
partecipativa al contesto scientifico internazionale del dr. Rainò
– Membro della Società Italiana di Allergologia ed
Immunologia Clinica per molti anni
– Ospite referenziale della Società Europea di Allergologia
ed Immunologia Clinica e della Accademia Americana di Allergologia ed
Immunologia Clinica in diverse occasioni
– Convegno della Sezione Apulo-Lucana della Società Italiana
di Alcologia: “La patologia epatica alcol-correlata”. Bari, 27/09/1986.
– Convegno A.I.D.P.E.V. su: “Aspetti epidemiologici,
clinici, diagnostici e preventivi dell’epatite virale da virus B. Bari,
09/10/1986.
– Corso breve della Società Italiana di Pediatria, Sezione
Apulo-Lucana: ”Aggiornamento in chemioantibiotico-terapia. Bari, 17/10/1986.
– Corso della Scuola Superiore di Scienze Farmaceutiche:
“L’intervento farmacologico nell’immunità”. Bari, 13/12/1986.
– VI Seminario di Aggiornamento in Allergologia ed
Immunologia Clinica. Taranto, 14/05/1988.
– Corso di aggiornamento della scuola di Specializzazione in
Allergologia ed Immunologia Clinica dell’Università degli Studi di Bari:
“Attualità in tema di sindrome asmatica e criteri pratici di terapia delle
allergopatie. Foggia, 10-11/06 e 10/09/1988.
– Giornata di Allergologia nell’ambito del Congresso
“Medicina Levante”. Bari, 13/10/1988.
– III Workshop: “Patologie stress-correlate ed immunità” –
Università degli Studi di Bari, Regione Puglia USL BA/9. Bari, 09/12/1988.
– Incontro di aggiornamento della Scuola di Specializzazione
in Allergologia ed Immunologia Clinica dell’Università degli studi di Bari:
”Recenti acquisizioni in tema di asma bronchiale”. Canosa di Puglia,
10/12/1988.
– I I Convegno Associazione Italiana Studi Asmatici su:
“Asma e malattie polmonari sociali”. Bisceglie, 25/02/1989.
– Corso Parallelo di Apprendimento Attivo della Scuola
Superiore di Oncologia e Scienze Biomediche: “Le reazioni avverse ad alimenti –
dal sintomo alla terapia”. Bari, 10/06/1989.
– Workshop: ”Anticorpi monoclonali e popolazioni
linfocitarie in medicina. Bari, 27/10/1989.
– Convegno della Cattedra di Pediatria dell’Università degli
Studi di Bari: ”Incontro al caminetto: discutiamo di atopia”. Bari, 25/11/1989.
– XIX Congresso della Società Italiana di Allergologia ed
Immunologia Clinica. Bari, 12-16/12/1989.
– Incontro di Aggiornamento: ”Le patologie da inquinamento
ambientale”. Bari 15-16/11/1990.
– Convegno: ”Attualità in tema di malattie a trasmissione
sessuale”. Taranto, 09/02/1991.
– Convegno di Studio: ”La diagnostica in vivo ed in vitro
delle malattie allergiche”. Bari, 16/02/1991.
– Congresso della società Ionico-Salentina di Medicina e
Chirurgia: “Attuali orientamenti diagnostici e terapeutici sulla patologia
pancreatica e sulla antibioticoterapia”. 15-16/03/1991.
– Convegno AIDPEV Puglia su: “L’epatite da virus C (HCV),
epidemiologia, criteri diagnostici e decisioni terapeutiche. Bari, 30/11/1991.
– I Edizione degli: “Incontri di immunoprotidologia”. Bari,
05/12/1991.
– Convegno della Cattedra di Ematologia dell’Università di
Bari: “Le talassemie – Dalla biologia molecolare alla terapia”. Gravina,
07/12/1991.
– IV Corso di Aggiornamento dell’Ospedale Regionale di
Pneumologia Cotugno USL BA/9: “La patologia interstiziale polmonare”. Bari,
04-05/06/1992.
– I Convegno della Sezione Inter-Regionale Apulo-Lucana
della Società Italiana di Allergologia ed Immunologia Clinica. Bari,
03-05/12/1992.
– Meeting Internazionale della Cattedra di Gastroenterologia
dell’Università degli Studi di Bari: “Malattie infiammatorie croniche
dell’intestino: fatti e controversie”.
Bari,
27/03/1993.
–
International Symposium on Insect Allergy. Ancona, 03/04/1993.
– Congresso dell’Associazione Pediatrica di Basilicata:
“Infezioni erpetiche ed asma cronico”. A.U.S.L. MT/6. Matera, 28/05/1994.
-XXI Congresso della Società Italiana di Allergologia ed
Immunologia Clinica, Milano 09-12/11/1994.
– 51st
Annual Meeting of American Academy of Allergy & Immunology. New
York, 24/02-01/03/1995.
– Convegno Nazionale di Immunologia Clinica e Allergologia.
Taranto, 23-24/09/1995.
– 1er Symposium Internacional de Immunoterapia para residentes
en Alergologia. Madrid, 12-13/04/1996.
– Curso Teorico-Practico Sobre: “Tecnicas in vitro en
Allergologia” Madrid, 15-17/04/1996.
– Primo Convegno sezione Apulo-Lucana dell’Associazione
italiana di Aerobiologia:
“Habitat e salute. Aspetti sociosanitari e
tecnicoambientalistici”. Gallipoli, 28/04-01/05/1996.
– Convegno della Società Italiana di Allergologia ed
Immunologia Clinica – Sezione Apulo-Lucana: “Dermatite atopica”. 06-07/09/1996.
– Convegno della Italian Federation of Immunological
Societies: “Clinica immunologia”. Bari, 22-23/11/1996.
– XV Corso di Formazione e Perfezionamento in Coagulazione,
Emostasi e Trombosi, VII Unità Didattica: “Trombosi venosi profonda ed embolia
polmonare” organizzato dal Dipartimento di Medicina Università degli Studi di
Bari, Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale Miulli. Acquaviva,
27/11/1996.
– “Incontro di Studio: gli effetti dei campi
elettromagnetici sulla salute”. A.U.S.L. BA/3 Santeramo in Colle, 07/12/1996.
– V Convegno della sezione apulo-Lucana Società Italiana di
Allergologia ed Immunologia Clinica. Bari, 13-14/12/1996.
– Joint
Meeting della American Academy of Allergy Asthma & Immunology. San
Francisco, 21-26/02/1997.
– Congresso di: “Patologia polmonare e coinvolgimento
sistemico”. Bari,18-19/04/1997.
– Annual Meeting 1997 della Società Italiana di Allergologia
ed Immunologia Clinica: ”Autoimmunità e allergia alle soglie del 2000”.
Alghero, 24-27/09/1997.
– V Giornata Allergologica Brindisina: ”Emergenze in
allergologia”. Mesagne, 03-04/10/1997.
– XVIIth Congress of the European academy of Allergology and
Clinical Immunology. Birmingham, 21-26/06/1998.
– I Seminario Interdisciplinare A.A. 1998/99 della Libera
Università Internazionale di Medicina Omeopatica: “Il medico che prescrive un
solo rimedio: l’omeopata. Il nuovo Codice deontologico”. Napoli, 30/01/1999.
– Convegno Internazionale del CEMON: “Medicina omeopatica
classica”. Garda, 17-18/04/1999.
– Convegno dell’AUSL Ba/2 – Ambulatorio Sperimentale di
Agopuntura e Omeopatia: “Un nuovo orizzonte per il Servizio Pubblico. Le
medicine non convenzionali”. Trani, 22/01/2000.
– Forum 2000 sostenuto dal Parlamento Europeo:
“L’insegnamento della medicina. Il programma universitario per il medico del
futuro: l’omeopata”. Sorrento, 24-27/02/2000.
– Convegno Internazionale del Centro di Medicina Omeopatica
Napoletano: “Mammiferi e Serpenti – Medicina omeopatica classica”. Versilia di
Forte dei Marmi, 13-14/05/2000.
– Corso della Fondazione Europea Dragan C.E.R.M.A.: “Ruolo e
responsabilità dell’Editor e RAI TV nell’informazione medica radio-televisiva”.
Roma, 06/10/2000
– Convegno del Centro Interuniversitario di Ricerca
Bioetica: “Etica della salute e terapie non convenzionali”. Napoli 01/12/2000.
– International
Congress of Complementary Medicine with George Vithoulkas: “Research in
homeopathy: do we need new rules?”. Taranto, 5-7/04/2002.
– III Seminario Inernazionale di Medicina Omeopatica
Classica: “Il metodo omeopatico – analisi e prescrizioni”. Garda, 9-12/05/2002.
– Evento formativo della Commissione Nazionale per la
Formazione Continua – Ass. Dulcamara: “Approcci teorici e sperimentali
all’omeopatia: teoria, analisi dei casi, provings”. Genova, 29/03/2003.
– IV Seminario Internazionale di Medicina Omeopatica
Classica della Homeopathic International Research and Educational Society: “I
Maestri della materia medica”. Bagni di Tivoli, 13-16/11/2003.
– Negli anni successivi, Salvatore Rainò ha raccolto tutte
le sue forze per impegnarsi nel condurre ricerche scientifiche personali
destinate alla soluzione di alcuni problemi in omeopatia, allo scopo di fornire
un contributo originale alla storia di questa medicina. In questi anni, egli ha
creato personalmente una lunga serie di eventi culturali e divulgativi facilmente
evincibili dal web.
Inoltre, in questi anni, oltre ai vari eventi scientifici e
culturali da lui curati, egli ha prodotto Studi su alcune teorie scientifiche
innovative che hanno suscitato una vasta eco nella comunità scientifica
mondiale ed in particolare nell’ambiente della Fisica quantistica, in relazione
ad alcune spiegazioni dei meccanismi dell’omeopatia e di alcuni originali
modelli applicabili alla memoria dell’acqua.
All’interno dell’attività di ricerca, primaria attenzione è
prestata ai rapporti fra materie prime ed energie ad esse legate, argomento
attorno a cui è in via di sviluppo una florida attività creativa anche di tipo
artistico, con la realizzazione di opere che arricchiscono un numero sempre più
alto di ambienti con la loro magia tecnica ed il loro irresistibile fascino.
Diversi Brevetti teorici e industriali e Marchi registrati
storicizzano l’attività svolta e consolidano i risultati conseguiti, ma sempre
in itinere.
Darei la vita per far vedere a tutti, ma proprio a tutti,
ciò che mi è stato concesso di vedere!
Ho sempre detto che fare il medico significa prendersi cura
di chi soffre.
Fin dalla prima volta che ho usato questa espressione, ho
provato dentro di me il bisogno di definire meglio il significato della
professione medica, dell’essere medico, del vivere da medico le stesse cose che
vivono tutti in fondo, ma forse in modo diverso.
Ho scelto tanti anni fa di diventare medico, non facilmente
perché ricordo che avvertivo enorme la responsabilità di intraprendere una
strada così lunga e che forse non avrei avuto la capacità di percorrere per
intero e nel modo giusto.
Il modo giusto.
Mio padre era medico e rappresentava per me il modello
ideale di medico e di uomo.
Ricordo quando ero ammalato e lui mi si avvicinava
silenzioso ed attento, mi osservava, posava le sue mani su di me, mi auscultava
con il fonendoscopio e poi con tono molto rassicurante decideva il da farsi.
Ricordo la figura di quest’uomo al quale volevo tanto bene
che quando si prendeva cura di me riempiva ancora di più di amore quel rapporto
fra padre e figlio, un figlio tutto teso a crescere verso il futuro portandosi
il meglio del suo passato come modello e come sicurezza nei momenti di
indecisione.
Ho sempre avvertito che presto avrei dovuto fare da solo e
mi ritrovavo più facilmente di quanto si possa immaginare a proiettarmi verso
la mia autonomia e verso la dedizione a tutte quelle persone, e sono ormai
varie migliaia, che ho già incontrato e cercato di aiutare nella mia vita.
Mi rendo conto che ho sempre considerato la vita come
servizio agli altri, come gioia profonda di chi sa che può disporre delle
proprie ricchezze per aiutare gli altri.
L’amore per l’immensità e per tutto ciò che poteva evocarla
è stato sempre una nota principale del mio essere e mi ha dato la forza, anche
quando era davvero difficile, di stringere i denti e di andare avanti in mezzo
a rinunce e sacrifici.
Il senso del dovere, se così vogliamo chiamarlo, ha sempre
pervaso ogni mia decisione.
Non è un dovere fine a sé stesso, ma è il dovere di chi
sente di poter fare molto, tanto di più, avverte che alcune cose spetta a lui
di farle altrimenti forse potrebbe non farle nessuno ed allora resteranno dei
buchi in quel contesto che ci vede inestricabilmente insieme.
Se procedendo con la mia vettura, a causa di un tratto di
asfalto intriso di olio, quasi perdo il controllo del mezzo e mi rendo conto
che qualcuno magari dopo un incidente in cui si sia disperso dell’olio, ha
omesso di farlo rimuovere dalla strada per evitare che altre persone possano
patirne le conseguenze, allora telefono alla stradale immediatamente col mio
cellulare per avvertirla che occorre far ripulire la strada per evitare altri
incidenti.
Se passo da un luogo e vedo delle fiamme ancora
controllabili, mi fermo e cerco di estinguerle, oppure, se il fuoco è già
dirompente, avverto immediatamente i vigili del fuoco o la forestale se si
tratta di un bosco.
Insomma non riesco a pensare che qualcosa possa non
riguardarmi e sento sempre che una responsabilità personale vi può essere e che
è sbagliato pensare che tanto c’è qualche altro che farà quello che potrei fare
anch’io.
Vi è sempre la consapevolezza che se magari non mi muovo io,
posso con la mia indolenza avallare il prosieguo di un vuoto dannoso per tutti.
Non è necessario che vada tutto bene a me perché io possa
essere felice, avverto che la felicità di una persona non può essere sconnessa
da quella degli altri che le vivono vicino, ma non solo vicino, perché vi sono dei
rapporti che legano anche due persone che vivono molto lontane in aree
differenti e che non si conosceranno mai.
Quando ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Medicina e
Chirurgia, il senso della vastità delle cose da fare immaneva in me e nel
contesto energetico che mi alimentava.
Avvertivo il bisogno di utilizzare la mia vita nel modo più
congruo alle aspettative che la mia sensibilità suscitava.
Avevo quasi diciotto anni e stavo ultimando i miei studi
liceali, fin da bambino volevo fare il medico, ma negli ultimi anni ero stato
così preso dalle tematiche naturalistiche e ambientalistiche, da aver timore di
ingabbiarmi in un sentiero universitario che avrebbe potuto farmi trascurare
altre modalità di impegno sociale in cui avrei potuto far meglio.
Sentivo che diventare medico poteva essere bello ma anche
denso di incongruenze e contraddizioni nel momento in cui mi sarei sforzato di
curare persone che potevano essersi ammalate magari per squilibri ambientali o
per problematiche in ogni caso più grandi di ciò cui l’atto medico può
arrivare.
Bisognava fare attenzione a scegliere la strada che mi
avrebbe permesso di accedere davvero a qualcosa di importante per contribuire
al benessere della gente e del pianeta.
Questi erano i miei propositi e i miei dubbi e mi sentivo
come un falegname che sta per intraprendere la costruzione di un mobile
importante, avendo a sua disposizione della materia prima di ottima scelta,
tutto preoccupato di utilizzarla nel migliore dei modi e di non fare errori nei
tagli del legno e nell’assemblaggio dell’opera.
Quando ho iniziato a fare le mie prime visite, all’inizio
della professione, più volte ho dovuto discernere fra carriera e missione.
Infatti più volte avvertivo la presenza di forze che mi
avrebbero spinto ad adeguarmi a meccanismi che nulla avevano a che fare con
l’amorevole compito del medico di prendersi cura dei suoi pazienti.
Quanto tempo perde un giovane medico per fare carriera e
quante energie potrebbe impiegare invece per addestrarsi a capire di più che
cosa accade veramente alla gente che egli incontra!
In queste fasi della mia vita ho iniziato a maturare una
sorta di anarchia nei confronti della vuotezza del sistema e delle sue regole
di buonsenso per non dire di perbenismo che omettono molte volte ciò che è
dovuto celandosi dietro scuse di tipo procedurale e di presunta natura medico-
legale e trascurando i compiti profondi del medico nei confronti della persona
e della società.
La mia tesi di laurea consistette in un lavoro effettuato
presso l’Istituto di Anatomia patologica.
Anche questo non fu un caso, dato che nella mia perenne
ricerca della verità ritenni ad un certo punto che per penetrare i segreti
delle malattie bisognasse passare dallo studio del cadavere e dai misteri
biologici che sottendono il limite fra la vita e la morte, fra la funzione e la
disfunzione , fra l’armonia della fisiologia e la capricciosità della
patologia.
Così dedicai diversi anni della mia vita allo studio dei
cadaveri e dei loro misteri microscopici ed utilizzai per molto tempo il microscopio
pensando di avere tra le mani uno strumento che mi permettesse di capire tutto
ciò che non si riusciva a capire vicino al capezzale dell’ammalato o nelle
corsie della Clinica medica.
Ignoravo tutto quello che avrei capito molti anni dopo.
Già prima di divenire medico omeopata, la mia intelligenza
mi suggeriva sempre più insistentemente che il mio modo di avvicinarmi alle
persone doveva essere più profondo, che dovevo riuscire a capire non soltanto
di che malattia esse soffrissero ma soprattutto chi fossero e quale sentiero
avessero attraversato per giungere in quella radura dove stanchi si fermavano a
leccarsi le ferite.
Cresceva in me l’esigenza di strutturare le visite in un
modo sempre più attento alla persona oltre che alle caratteristiche che
potessero farmi fare diagnosi e terapia secondo lo schema tradizionale di un
buon medico.
Iniziavo ad avvertire che il prestigio di un medico non può
pagare la sua sete di verità ed il suo profondo bisogno di comprendere per
quali meccanismi si realizza la malattia.
Bisogna che il medico sappia condividere le tappe evolutive
della persona che lo consulta e che sappia utilizzare tutta la propria
sensibilità per cogliere le reali caratteristiche della sofferenza della gente.
Per la sol cosa di aver fatto intuire al paziente che si è
veramente disposti ad ascoltarlo, la visita assume una conformazione
completamente differente ed i risultati in termini di impatto terapeutico sulla
persona sono enormi.
Quante volte ho capito che il paziente andava ascoltato e
poi, se proprio occorreva, trattato farmacologicamente, ma aggiungevo, soltanto
sfiorato con i farmaci.
Ripetevo che il paziente non va altro che capito e sfiorato
farmacologicamente.
Non mi rendevo conto della omeopaticità di quello che mi
attraversava la mente.
Eppure passavano gli anni e la mia professione mi permetteva
di affermarmi notevolmente annientandomi letteralmente nei bisogni degli altri.
La gioia era tanta, ma anche la fatica in alcuni momenti era
intollerabile e lo sforzo di essere sempre presente quando qualcuno avesse
bisogno di me.
Mi rendevo sempre più conto che il modo abituale di fare
salute era inadeguato alle persone, nonostante le spese enormi che faceva
sostenere al sistema.
Raccoglievo spesso testimonianze di pazienti che mi
raccontavano il vuoto interiore, la tristezza e la solitudine che avevano
vissuto in precedenti avventure diagnostico-terapeutiche anche in imponenti
strutture sanitarie di fama.
La salute della gente non può essere un fatto di pura
managerialità imprenditoriale, rigore procedurale o come modernamente si dice
oggi una questione di algoritmi e di adeguatezza delle diagnostiche e delle
strumentazioni.
Quante volte un paziente si sente male, si sottopone ad una
serie di esami che non danno esito patologico per nulla ed allora gli si dice
che non ha nulla.
Sembra quasi una barzelletta, anche se a viverla in prima
persona nella contingenza, la cosa assume connotazioni di una drammaticità
unica nel suo genere.
Come si fa a negare la sofferenza, con criteri così detti
scientifici, a chi la sofferenza te la pone in un piatto d’argento sporcato del
suo sangue?
Quante volte il paziente diviene antipatico perché con le
sue continue richieste al medico gli si presenta come elemento antitetico che
pone in evidenza la sua reale incapacità di fare un a vera “diagnosi” e di
risultare professionale?
La malattia ha una sua oggettività, ma soprattutto una sua
soggettività sulla quale il medico di cultura convenzionale non ha molti
strumenti professionali per agire.
La professionalità si misura dalla capacità di risolvere
problemi e se risolvere problemi significa coglierne la dinamica profonda con
“strumenti adeguati” e con altrettanto adeguati strumenti rispondere
utilizzando una strategia rigorosa, allora bisogna riconoscere, cosa possibile
soltanto dopo adeguata informazione, che l’omeopatia possiede strumenti
quant’altro mai adeguati per fare tutto ciò.
Nelle Facoltà internazionali ormai si fa sempre più
pregnante la collaborazione fra medici, biologi, antropologi, filosofi della
scienza, tutti tesi con un unico sforzo a rivedere la chiave di lettura delle
problematiche di salute e malattia, di felicità e sofferenza.
Anche molte altre categorie di uomini di scienza sono
coinvolte in questo lavoro comune perché questo è un lavoro che richiede
necessariamente un’apertura vastissima di opinioni e di competenze per condurci
fuori dallo stato attuale delle cose in cui si è finito per scambiare
spessissimo l’arte medica con un servizio che di per sé non può gestire la
felicità, argomento centrale della salute, se non con annaspanti logiche tutte
imbastite di protocolli e molecole farmaceutiche di sintesi.
La salute e la malattia fanno parte del mondo della natura e
possono essere comprese con strumenti che derivano dalla profonda conoscenza
della natura e dal profondo rispetto che essa esige per rendere all’uomo ciò
che egli chiede con sempre maggiore arroganza e cecità.
Da quando ho iniziato ad esercitare la medicina omeopatica,
ho iniziato a poter disporre di mezzi più affilati per entrare in tutto quello
che prima non riuscivo a comprendere dei miei pazienti.
Sono in grado di testimoniare che i pazienti spessissimo hanno
bisogno, per guarire da una malattia che li affligge profondamente, di
ripercorrere tappe di sofferenza manifestatesi in precedenza nella loro vita e
che sono state per così dire risolte farmacologicamente senza che fossero
effettivamente capite e risolte nell’unico modo esistente per accostarsi a ciò
che il medico convenzionale chiama malattia e l’omeopata chiama reazione
adattativa.
Quando mi guardo indietro e considero le mie certezze
passate che sono state sostituite da altre posizioni che non oso più chiamare
certezze, capisco che l’atteggiamento migliore nei confronti di ciò che
abitualmente chiamiamo realtà è quello di non isolarla al di fuori di noi
stessi ma di considerarla continuamente una sorta di interfaccia in gioco tra
due “non realtà” che sono rappresentate dalla nostra individualità e da ciò che
è oltre di noi.
Avverto l’osmosi, lo scambio continuo fra i due
compartimenti che modificano sé stessi reciprocamente, variandone la risultante
finale.
E’ come sostituire continuamente i mattoni sui quali si è
già camminato in passato e guardare dietro di sé compiaciuti delle sostituzioni
già effettuate sapendo che probabilmente si dovrà fare la stessa cosa per molti
mattoni che sono ancora davanti a noi e che già ci sembrano incrinati.
Un sentiero conosciuto diventa un nuovo sentiero da
sottoporre a nuove verifiche e a nuovi procedimenti di conoscenza.
Il dinamismo della conoscenza non consente irrigidimenti di
alcun tipo, per cui può essere veramente difficile gestire con eleganza il
rapporto fra il diritto alle certezze acquisite e l’esigenza di rimettersi in
discussione per crescere.
Germogliare a se stessi corrisponde alla rinascita
primaverile che subentra al grigiore autunnale delle nostre fasi di
adagiamento.
Perché probabilmente non si fa in tempo ad adagiarsi su di
un tratto di spiaggia che un altra onda giunge a sospingerti oltre.
L’osservazione scientifica, irrigidita talvolta da
schematismi propiziatori di rigore , può mancare di quella povertà esemplificativa
che è necessaria per accorgersi di nuove strade.
E’ come se, tutti presi dal voler essere ad ogni costo
“scientifici”, si perdesse l’attitudine stessa alla scienza che si basa su
un’osservazione “disarmata” dei fatti.
Mi viene in mente l’immagine di chi cerca i suoi occhiali e
non si accorge di averli sul naso oppure di chi cerca la pinza per i capelli e
non si accorge di averli già raccolti.
Conosco questa sensazione e ricordo l’imbarazzo che ho
provato quando mi sono accorto di cercare ciò che già avevo.
La distrazione è quasi sempre un aspetto della rigidità cioè
della mancanza di attenzione alla flessibilità del proprio essere e delle sue
percezioni.
La ricerca di nuove integrazioni nei procedimenti di
conoscenza corrisponde al riarrangiamento biologico della vita.
Il programma “Così lontani, così vicini”, condotto da Albano Carrisi e Romina Power è stato chiuso anticipatamente e inaspettatamente. Eppure la trasmissione era giunta alla terza stagione, un programma consolidato. La motivazione ufficiale è il “calo degli ascolti”, ma a giudicare dai dati auditel non sembra che andasse male come dicono, visto che Venerdì scorso aveva comunque ottenuto una media di 2.700.000 spettatori.
La decisione è stata resa nota oggi, e arriva, (casualmente?) a pochi giorni di distanza da un tweet di Romina sulla geoingegneria, tema di cui aveva parlato anche un anno fa, in occasione di una ospitata televisiva (guarda il video).
“Mi meraviglio di come l’Italia si stia lasciando avvelenare dalle scie chimiche. Era un paese meraviglioso!” – ha scritto pochi giorni fa Romina, scatenando un mare di tweet di sostegno ed i soliti negazionisti, che sono ancora convinti che le scie persistenti che vediamo nei nostri cieli siano “normali scie di condensa”.
“Sei a normativa europea?”, parte in tromba un prontuario in lingua tedesca che istilla nel lettore tremendi dubbi: “Vivo in una casa non a normativa europea, la mia auto non è a normativa europea, la mia bici non è a normativa europea, svolgo un lavoro precario che elude le normative europee, non dialogo con la mia banca tramite smartphone perché non ho i soldi per cambiare telefonino… sono un povero fuorilegge?
Ma i dubbi che attanagliano i meno danarosi della zona Euro non turbano certo i sonni dei britannici. Sembra che l’Unione europea abbia poche carte da giocarsi per evitare la fuga del Regno Unito, a patto che tra Strasburgo e Bruxelles non decidano di cancellare una gran mole di normative europee:
le stesse che, in tutti questi anni, avrebbero cagionato la moria del 50 per cento delle imprese italiane.
È di qualche giorno fa la notizia che, più della metà delle imprese del Nord-Est, si sarebbero estinte perché non più in grado di reggere sul mercato, causa i costi lievitati per le normative europee.
Del resto l’Ue è stata fatta sulla carta in forza di regole e moneta.
Ma chi ha fabbricato quelle regole era (ed è) all’asciutto sulle diverse peculiarità economiche del Vecchio Continente.
Per farla breve, l’Europa farebbe poco al caso per il popolo britannico.
Troppa burocrazia, documenti incomprensibili, soprattutto una congerie di norme che, se applicate in Gran Bretagna, metterebbero l’artigianato dell’isola nelle stesse condizioni in cui versa oggi quello italiano.
“La mia filosofia è diametralmente opposta a quella di David Cameron. Io sono un federalista cresciuto sognando gli Stati Uniti d’Europa”, ripete intanto Matteo Renzi agli altri leader europei, dimenticando quanto l’accettazione supina delle normative europee abbia fatto lievitare la disoccupazione.
E non dimentichiamo come le normative europee stiano influenzando negativamente la crescita italiana:
nel Belpaese non si produce più nulla, e per il timore d’infrangere le normative.
Queste ultime ree della nuova ventata di tasse, come quella su ascensore e aria condizionata: la prima sarà per ogni famiglia d’un importo pari alla vecchia Tasi, mentre la seconda obbligherà i comuni ad indagini sugli eventuali utilizzatori d’aria condizionata domestica.
La Gran Bretagna non s’è uniformata che ad uno scarso 10 per cento di tutte le normative europee, mentre l’Italia le sta codificando tutte.
Piccolo particolare, il Regno Unito non ha nemmeno una multa Ue sul groppone, invece l’Italia ha totalizzato sanzioni europee per inottemperanza alle varie normative pari ad un quinto del proprio debito pubblico: dall’edilizia alle quote latte, dai rifiuti urbani al mancato adeguamento dei vettori (trasporto pubblico), dalle carceri ai diritti delle più svariate minoranze, dai campi rom inadeguati alle multe per le modalità d’accoglienza dei migranti… Una cifra iperbolica che, al pari del debito pubblico, starebbe sventrando lo stato italiano. Così l’Italia europeista sceglie di affogare, mentre il Regno Unito si difende perché ha ancora una moneta nazionale.
Di fatto l’Italia ha le mani legate, ed il popolo è costretto a rispettare tutte le normative ed a pagare tasse e multe Ue.
E chi lavora e risparmia potrebbe non essere nemmeno più padrone dei propri sacrifici. Infatti la gestione e l’uso discrezionale dei risparmi depositati nelle banche italiane sta per passare totalmente in mani straniere (pardon europee): tutto addebitabile alla direttiva europea Brrd, che designa le nuove norme del sistema bancario europeo: stabilendo nuove norme in materia di salvataggi bancari, e con la scusa di tutelare i risparmiatori, finisce per lasciare che i tedeschi decidano che uso fare dei risparmi italiani(ovviamente è una sintesi forzata, potrebbero anche decidere olandesi, belgi, lussemburghesi… mai italiani).
Di fatto per Renzi s’avvicina Waterloo, e perché il sommarsi di debito pubblico e mancati pagamenti delle svariate multe Ue stanno facendo tornare in auge lo spettro delle mani della Troika sul sistema italiano.Proprio come nell’estate 2014, quando l’allora direttore del Corriere della Sera (Ferruccio De Bortoli) lasciava la direzione anticipando la discesa della Troika nel Belpaese.
Oggi potrebbe serbare lo stesso compito del 2011, ovvero eseguire un prelievo forzoso e patrimoniale da 100 miliardi di euro: per dirla alla Mario Monti “per arrivare a delle ulteriori cessioni di sovranità sono necessarie delle crisi”. Cessione di sovranità significa incremento della povertà: ogni anno già versiamo 50 miliardi alla Bce per essere soci del Club dell’Euro”, altrettanti all’Ue per contribuire alle politiche europee.
La Gran Bretagna fissa i paletti, la Germania si rinforza, l’Italia in camicia viola dice che spezzeremo le reni ai burocrati di Bruxelles. Il solito capitan Fracassa questo Renzi: la storia ci ha regalato camicie in varie sfumature di grigio, nere care ad anarchici e fascisti, rosse da garibaldino e poi da comunista, verde da leghista… Oggi è il turno delle camicie viola, il loro simbolo è il giglio fiorentino, al posto del fez usano come copricapo un cappello goliardico duecentesco, come quello che per la vulgata indossava il Conte Ugolino. Buon appetito signor Renzi, ed alla faccia del popolo sovrano.
Perché il socialismo? Un articolo di Albert Einstein pubblicato sulla rivista Monthly Review nel 1949.
di Albert Einstein
È consigliabile per chi non sia un esperto di problemi economici e sociali esprimere delle opinioni sulla questione del socialismo? Per un complesso di ragioni credo di sì.
Consideriamo in primo luogo la questione dal punto di vista della conoscenza scientifica. Potrebbe sembrare che non vi siano delle differenze metodologiche essenziali fra l’astronomia e l’economia: in entrambi i campi gli scienziati tentano di scoprire leggi di validità generale entro un ordine circoscritto di fenomeni, in modo da rendere quanto più possibile comprensibile connessioni fra questi fenomeni. In realtà, però, differenze di metodo esistono. La scoperta di leggi generali nel campo economico è resa difficile dal fatto che nei fenomeni economici osservati intervengono spesso molti fattori che è assai difficile valutare separatamente. Inoltre, l’esperienza accumulatasi fin dall’inizio del cosiddetto periodo civile della storia umana è stata, come è noto, fortemente influenzata e limitata da cause che non sono affatto di natura esclusivamente economica. Per esempio, la maggior parte degli stati più importanti dovettero la loro esistenza alla politica di conquista. I popoli conquistatori si imposero legalmente ed economicamente, come la classe privilegiata del paese conquistato. Essi si riservarono il monopolio della proprietà terriera e crearono una casta sacerdotale con membri appartenenti alla loro stessa classe. I sacerdoti, avendo il controllo dell’educazione, trasformarono la divisione in classi della società in una istituzione permanente ed elaborarono un sistema di valori a mezzo del quale, a partire da allora, il popolo fu guidato, in larga misura senza che ne avesse consapevolezza, nel suo comportamento sociale.
Ma la tradizione storica è, per cosi dire, cosa di ieri; in nessuna parte del mondo abbiamo di fatto superato quella che Thorstein Veblen chiamò “la fase predatoria” dello sviluppo umano. I fatti economici che ci è dato osservare appartengono a tale fase, e le stesse leggi che possiamo eventualmente ricavare da tali fatti non sono applicabili ad altre fasi. Dato che il vero scopo del socialismo è precisamente quello di superare e di procedere oltre la fase predatoria dello sviluppo umano, la scienza economica, al suo stato attuale, può gettare ben poca luce sulla società socialista del futuro.
In secondo luogo, il socialismo è volto a un fine etico-sociale. La scienza, però, non può stabilire dei fini e tanto meno inculcarli negli esseri umani; la scienza, al più, può fornire i mezzi con i quali raggiungere certi fini. Ma i fini stessi sono concepiti da persone con alti ideali etici; se questi ideali non sono sterili, ma vitali e forti, vengono adottati e portati avanti da quella gran parte dell’umanità che, per metà inconsciamente, determina la lenta evoluzione della società.
Per queste ragioni dovremmo stare attenti a non sopravvalutare la scienza e i metodi scientifici quando si tratta di problemi umani; e non dovremmo ammettere che gli esperti siano gli unici ad aver il diritto di pronunciarsi su questioni riguardanti l’organizzazione della società.
Da un po’ di tempo innumerevoli voci affermano che la società umana sta attraversando una crisi, che la sua stabilità è stata gravemente scossa. Caratteristico di una tale situazione è il fatto che gli individui si sentano indifferenti o addirittura ostili verso il gruppo sociale, piccolo o grande, al quale appartengono. Per illustrare ciò che intendo dire, voglio ricordare qui un’esperienza personale. Recentemente discutevo con una persona intelligente e di larghe vedute sulla minaccia di una nuova guerra che, secondo me, comprometterebbe seriamente l’esistenza dell’umanità, e facevo notare che solo un’organizzazione sopranazionale potrebbe offrire una forma di protezione da questo pericolo. Allora il mio interlocutore, con voce molto calma e fredda, mi disse: “Perché lei è cosi profondamente contrario alla scomparsa della razza umana?”
Sono sicuro che solo un secolo fa nessuno avrebbe fatto una domanda del genere con tanta leggerezza. È l’affermazione di un uomo che ha lottato invano per raggiungere un equilibrio interno e ha perduto, più o meno, la speranza di riuscirvi. È l’espressione di una solitudine e di un isolamento dolorosi di cui soffrono moltissimi in questi tempi. Quale ne è la causa? Esiste una via d’uscita?
È facile sollevare tali questioni, ma è difficile dare loro una risposta con un qualche grado di sicurezza. Debbo tentare, tuttavia, come meglio posso, anche se sono perfettamente consapevole del fatto che i nostri sentimenti e i nostri sforzi sono spesso contraddittori e oscuri, e non possono venir espressi mediante facili e semplici formule.
L’uomo è, allo stesso tempo, un essere solitario e un essere sociale. In quanto essere solitario, egli cerca di proteggere la propria esistenza e quella di coloro che gli sono più vicini, di soddisfare i propri desideri personali, e di sviluppare le proprie qualità naturali. In quanto essere sociale, egli cerca di guadagnarsi la stima e l’affetto dei suoi simili, di condividere le loro gioie, di confortarli nel loro dolore, e di migliorare le loro condizioni di vita. Soltanto l’esistenza di questi sforzi diversi, frequentemente contrastanti, spiega il carattere particolare di un uomo, e la loro particolare combinazione determina la misura nella quale un individuo può raggiungere un equilibrio interno e contribuire al benessere della società. È perfettamente possibile che la forza relativa di queste due tendenze sia sostanzialmente determinata dall’eredità. Ma la personalità che alla fine ne emerge è in gran parte formata dall’ambiente in cui un uomo viene a trovarsi durante il suo sviluppo, dalla struttura della società in cui egli cresce, dalla storia di quella società, e dal giudizio che essa dà dei differenti tipi di comportamento. Il concetto astratto di “società” significa, per l’essere umano individuale, la somma totale di queste relazioni dirette e indirette con i suoi contemporanei e con tutti gli uomini delle generazioni precedenti. L’individuo può pensare, sentire, lottare, e lavorare da solo; ma egli dipende dalla società, nella sua esistenza fisica, intellettuale ed emotiva, tanto che è impossibile pensare a lui, o comprenderlo, al di fuori della struttura della società. È la “società” che fornisce all’uomo il cibo, i vestiti, una casa, gli strumenti di lavoro, la lingua, le forme di pensiero, e la maggior parte dei contenuti di pensiero; la sua vita è resa possibile dal lavoro e dalle realizzazioni dei molti milioni di uomini del passato e del presente che si nascondono dietro quella piccola parola: “società”.
È evidente, perciò, che la dipendenza dell’individuo dalla società è un fatto naturale che non può venir abolito, proprio come nel caso delle api o delle formiche. Tuttavia, mentre l’intero processo vitale delle formiche e delle api è determinato fin nei più minuti particolari da rigidi istinti ereditari, lo schema sociale e le interrelazioni degli esseri umani sono assai variabili e suscettibili di mutamento. La memoria, la capacità di realizzare nuove combinazioni, il dono della comunicazione orale, hanno reso possibili fra gli esseri umani degli sviluppi non dettati da necessità biologiche. Tali sviluppi si manifestano nelle tradizioni, istituzioni, e organizzazioni, nella letteratura, nelle scoperte scientifiche e tecniche, nelle opere d’arte. Questo spiega come succede che, in un certo senso, l’uomo possa, attraverso il comportamento, influenzare la propria vita, e che in questo processo possano avere una funzione il pensiero e la volontà coscienti.
L’uomo riceve ereditariamente, alla nascita, una costituzione biologica che dobbiamo considerare fissa e inalterabile, e che comprende le esigenze naturali che sono caratteristiche della specie umana. Inoltre, nel corso della vita, egli acquisisce una costituzione culturale, che gli viene dalla società attraverso la comunicazione diretta e attraverso molti altri tipi di influenze. È questa costituzione culturale ad essere, nel corso del tempo, soggetta a mutamenti e a determinare in larga misura i rapporti fra l’individuo e la società. La moderna antropologia ci ha insegnato, attraverso lo studio comparato delle cosiddette culture primitive, che il comportamento sociale degli esseri umani può essere molto diverso, a seconda degli schemi culturali predominanti e dei tipi di organizzazione che prevalgono nella società. È su questo fatto che coloro che lottano per migliorare il destino dell’uomo possono fondare le loro speranze: gli esseri umani non sono condannati, a causa della loro costituzione biologica, a distruggersi l’un l’altro o ad essere, ad opera delle proprie mani, alla mercé di un fato crudele.
Se ci domandiamo in qual modo la struttura della società e l’atteggiamento culturale dell’uomo dovrebbero essere modificati al fine di rendere il più possibile soddisfacente la vita umana, dovremmo essere coscienti del fatto che esistono certe condizioni che non possiamo modificare. Come abbiamo ricordato prima, la natura biologica dell’uomo non è suscettibile di mutamenti a ogni fine pratico. Inoltre, gli sviluppi tecnologici e demografici degli ultimi secoli hanno creato delle condizioni destinate a perdurare. In popolazioni stabili relativamente dense, dotate dei beni che sono indispensabili alla continuazione della loro esistenza, sono assolutamente necessarie una estrema suddivisione del lavoro e un apparato produttivo altamente centralizzato. È passato per sempre il tempo, che a volgersi indietro sembra cosi idilliaco, in cui gli individui o i gruppi relativamente piccoli potevano essere completamente autosufficienti. Non si esagera molto dicendo che l’umanità già oggi costituisce una comunità planetaria di produzione e di consumo.
Giunto a questo punto del discorso posso indicare brevemente ciò che secondo me costituisce l’essenza della crisi del nostro tempo. Si tratta del rapporto dell’individuo con la società. L’individuo è diventato più consapevole che mai della propria dipendenza dalla società. Egli però non sperimenta tale dipendenza come un fatto positivo, come un legame organico, come uno forza protettrice, ma piuttosto come una minaccia ai suoi diritti naturali, o addirittura alla sua esistenza. Inoltre, la sua posizione nella società è tale che gli impulsi egoistici del suo carattere vengono costantemente accentuati, mentre i suoi impulsi sociali, che per natura sono più deboli, si deteriorano progressivamente. Tutti gli esseri umani, qualunque sia la loro posizione nella società, soffrono di questo processo di deterioramento. Inconsciamente prigionieri del loro egotismo, essi si sentono insicuri, soli, e spogliati della ingenua, semplice e non sofisticata gioia di vivere. L’uomo può trovare un significato nella vita, breve e pericolosa come è, soltanto dedicandosi alla società.
L’anarchia economica della società capitalista, quale esiste oggi, rappresenta secondo me la vera fonte del male. Vediamo di fronte a noi un’enorme comunità di produttori, i cui membri lottano incessantemente per spogliarsi a vicenda dei frutti del loro lavoro collettivo, non con la forza, bensì tutto sommato in complice ossequio a regole stabilite in forma legale. In questo senso è importante rendersi conto che i mezzi di produzione, vale a dire l’intera capacità produttiva necessaria per produrre sia i beni di consumo che i beni capitali addizionali, possono essere con pieno crisma legale, e per la maggior parte lo sono, proprietà privata di singoli.
Per ragioni di semplicità, nella discussione che segue indicherò con la parola “lavoratori” tutti coloro che non partecipano alla proprietà dei mezzi di produzione, anche se ciò non corrisponde pienamente all’uso normale del termine. Il proprietario dei mezzi di produzione è in grado di acquistare la forza-lavoro del lavoratore. Usando i mezzi di produzione, il lavoratore produce nuovi beni che diventano proprietà del capitalista. Il punto essenziale di questo processo è la relazione fra quanto il lavoratore produce e quanto egli è pagato, entrambe le quantità misurate in termini di valore reale. Fintantoché il contratto di lavoro è “libero”, ciò che il lavoratore riceve è determinato non dal valore reale dei beni che produce, ma dalle sue necessità di sopravvivenza e dalla domanda di forza-lavoro da parte del capitalista, rapportata al numero di lavoratori che sono in concorrenza per i posti di lavoro. È importante comprendere che anche in teoria il salario del lavoratore non è determinato dal valore del suo prodotto.
Il capitale privato tende a concentrarsi nelle mani di pochi, in parte a causa della concorrenza fra i capitalisti, in parte perché lo sviluppo tecnologico e la crescente suddivisione del lavoro incoraggiano la formazione di più grandi complessi di produzione a spese dei minori. Il risultato di questi sviluppi è un’oligarchia del capitale privato il cui enorme potere non può essere efficacemente controllato neppure da una società politica democraticamente organizzata. La verità di ciò è determinata dal fatto che i membri dei corpi legislativi vengono scelti dai partiti politici, ampiamente finanziati o in altro modo influenzati dai capitalisti privati i quali, a ogni fine pratico, separano l’elettorato dal corpo legislativo. La conseguenza è che i rappresentanti del popolo non proteggono, di fatto, in modo sufficiente gli interessi degli strati meno privilegiati della popolazione. Inoltre, nelle condizioni attuali, i capitalisti privati controllano inevitabilmente, direttamente o indirettamente, le fonti principali d’informazione: stampa, radio, educazione. È quindi estremamente difficile e anzi, nella maggior parte dei casi, del tutto impossibile, che i cittadini pervengano a delle conclusioni oggettive e facciano un uso intelligente dei loro diritti politici.
La situazione dominante in un’economia basata sulla proprietà privata del capitale è perciò caratterizzata da due principi fondamentali: primo, i mezzi di produzione (capitale) sono proprietà privata e i proprietari ne dispongono a loro piacimento; secondo, il contratto di lavoro è libero. Naturalmente non esiste, in quanto tale, una società capitalista pura in questo senso. In particolare, occorre notare che i lavoratori, attraverso lunghe e amare lotte, sono riusciti ad assicurarsi una forma in certo modo migliorata del “contratto libero di lavoro” per certe loro categorie. Peraltro, considerata complessivamente l’economia dei nostri tempi non differisce molto dal capitalismo puro.
Si produce per il profitto, non per l’uso. Non vi è alcun provvedimento grazie al quale tutti coloro che possono e vogliono lavorare ne abbiano sempre la possibilità; esiste quasi sempre un “esercito di disoccupati”. Il lavoratore ha sempre la paura di perdere il proprio posto di lavoro. Dato che i disoccupati e i lavoratori mal retribuiti non rappresentano per i beni di consumo un mercato vantaggioso, la produzione di tali beni ne risulta limitata, con un conseguente grave danno. Il progresso tecnologico si risolve frequentemente in un aggravamento della disoccupazione piuttosto che in un alleggerimento della quantità di lavoro per tutti. Il movente del profitto, congiuntamente alla concorrenza fra i capitalisti, è responsabile di una instabilità nell’accumulazione e nell’impiego del capitale, che conduce a depressioni sempre più gravi. La concorrenza illimitata porta a un enorme spreco di lavoro, e a quelle storture della coscienza sociale nei singoli individui, di cui ho parlato prima.
Queste storture nell’individuo, secondo me sono la tara peggiore del capitalismo. Tutto il nostro sistema educativo soffre di questo male. Un atteggiamento esageratamente concorrenziale viene inculcato nello studente, abituandolo ad adorare il successo, come preparazione alla sua futura carriera.
Sono convinto che vi è un solo mezzo per eliminare questi gravi mali, e cioè la creazione di un’economia socialista congiunta a un sistema educativo che sia orientato verso obiettivi sociali. In una tale economia i mezzi di produzione sono proprietà della società stessa e vengono utilizzati secondo uno schema pianificato. Un’economia pianificata, che equilibri la produzione e le necessità della comunità, distribuirebbe il lavoro fra tutti gli abili al lavoro e garantirebbe i mezzi di sussistenza a ogni uomo, donna e bambino. L’educazione dell’individuo, oltre a incoraggiare le sue innate capacità, si proporrebbe di sviluppare in lui un senso di responsabilità verso i suoi simili anziché la glorificazione del potere e del successo, come avviene nella nostra società attuale.
È necessario, tuttavia, ricordare che un’economia pianificata non rappresenta ancora il socialismo. Una tale economia pianificata potrebbe essere accompagnata dal completo asservimento dell’individuo. La realizzazione del socialismo richiede la soluzione di alcuni problemi sociali e politici estremamente complessi: in che modo è possibile, in vista di una centralizzazione di vasta portata del potere economico e politico, impedire che la burocrazia diventi onnipotente e prepotente? In che modo possono essere protetti i diritti dell’individuo, assicurando un contrappeso democratico al potere della burocrazia?
Una relazione riservata del Ministero della Difesa (MoD) circolante al Cremlino preparata per il Consiglio di Sicurezza (SC) afferma che gli Stati Uniti, ieri, hanno richiesto alle Forze Aeree della Federazione (AF) " accesso di combattimento " il permesso di volo sopra la città siriana di Alepponella Zona di guerra del Levante -e che dopo che è stato concesso loro, si sono visti cacciabombardieri della US Air force entrare in questa regione e distruggere completamente almeno 7 centri di comando e controllo gestiti dalla intelligence nazionale turca, la Turkey’s National Intelligence Organization (MIT) a sostegno di al-Nusra (Jan) terroristi che erano già stati abbandonati dal regime di Obama .
Secondo questo rapporto, i voli da combattimento statunitensi oltre le regioni del nord-est dellaSiria, dove si trova Aleppo, sono stati messi a terra l'anno scorso dopo che le difese delle forze aerospaziali sono stati migliorate notevolmentedopo l'abbattimento di un aereo militare della Federazione il 24 novembre 2015provocato dalla Turchia, il Presidente Putin ha definito una "pugnalata alla schiena".
Il 14 gennaio, continua la relazione , sono stati gli americani a essere stati oggetto di un accoltellamento a tradimento alla schiena dalla Turchia, quando un aereo aviazione turca ha abbattuto 2 elicotteri degli US Marine uccidendo tutti i 12 soldati a bordo, in missione per fornire loro consulenti delle forze speciali per aiutare i combattenti curdi, che combattono i terroristi dello Stato islamico (ISIL / Daesh ISIS) che abbiamo riportato in precedenza nel nostro articolo turchi abbattono elicotteri dei Marine uccidendo 12 soldati americani , russi scioccati .
Anche se il regime di Obamaha tenuto nascosto dai suoi cittadini l'omicidio intenzionale della Turchia di questi 12 eroi US Marine, questa relazione nota, che gli eventi di ieri dimostrano che non sono state dimenticate, e che ha avuto inizio quando i comandanti russi hanno contattato iCombined Air Operations Center USA (CAOC) di base a al Udeid Air Base in Qatar per capire le intenzioni a riguardo dei due cacciabombardieri della US Air force a-10 " Warthog" che erano decollati dalla loro base aerea di Incirlik (IAB) in Turchia e che stavano volando in chiaro stato di attesa prima di agire, appena a nord del confine con la Siria.
Subito dopo che i comandanti russi hanno ricevuto questa dichiarazione pubblica di " intenzione di non aggressione " contro le forze della Federazione dal regime di Obama, dice il rapporto, è stata concessa l'autorizzazione a questi due aerei da guerra A-10 della US Air Force di entrare in Siria, sorvolare Aleppo, e far completare la loro "missione di vendetta" di combattimento contro la Turchia.
Il portavoce del MoD Konashenkov ha sottolineato inoltre che il colonnello Warren ha dimenticato di menzionare le coordinate sia degli ospedali, che il tempo delle incursioni aeree, e le fonti di informazione, "assolutamente niente".
Da una "accurata ricerca" del bersaglio di questi due aerei da guerra della US Air Force A-10 , come affermato ieri, Konashenkov , continua il rapporto, ha rivelato quali fossero gli "obiettivi della vendetta" , ovvero, sono stati tutti i principali centri di comando e di controllo presidiati dalla l'intelligenza turca (MIT) operativi ad Aleppo che sostengono il gruppo terroristico di al-Nusra sono stati i principali beneficiari di aiuti dalla Turchia.
Ancora peggio, la Relazione dice nelle note, che Erdogan è così adirato a causa della distruzione di tutta la sua operazione di intelligence, del regime Obama, ad Aleppo favorendo i terroristi, che ha dichiarato che si sta preparando a scatenare sull'Occidente una crisi più grande con i rifugiati siriani da espellere dalla Turchia -e di cui il Ministero della Difesa sta ora avvertendo che viene riempita di migliaia di terroristi assassini in fuga da Aleppo, che si sta avvicinando alla liberazione, ed hanno abbandonato le armi per fingere di essere dei civili.
Ma quanto al patetico regime di Obama diventato un provocatore di tale "ambiguità e miseria", la relazione conclude, lasciando al portavoce del MoD Konashenkov di rispondere, e ha detto:
Abbiamo [anche] chiaramente visto nel corso degli ultimi cinque anni i risultati delle strategie di 'transizione politica' del Medio Oriente vicino ai confini russi, di Washington che al posto del 'trionfo della democrazia', vi è la devastazione, il sangue, e rifugiati in tutto il mondo.
È questo il motivo per cui gli strateghi stranieri ora stanno parlando della necessità di lanciare operazioni di terra in Siria e in Libia? Forse per questi consulenti non sarebbe meglio se smettessero di ripetere e di fare sempre gli stessi errori ? "
Ma d'altra parte, è evidente che a sostenere in supporto, possibile come obiettivo principale del regime di Obama è distruggere entrambe, la Turchia e l'Arabia Saudita, e se dovesse accadere avrebbero, finalmente, portato la pace in Medio Oriente , e gli americani avrebbero finalmente quello che hanno sempre voluto in tutto questo tempo --- il petrolio.