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martedì 27 gennaio 2015

“Les Caves de Pyrene” e i vini “estremi”





I grandi vini, quelli  che danno emozione, i vini capaci di produrre un’esperienza, cadono a briciole attraverso il setaccio grossolano della critica enologica, spesso supponente e non di rado ignorante del mistero dei nettari degustati e della poetica dei loro facitori. A volte i “critici” non capiscono, presi come sono dalla preoccupazione di brillare di luce propria, che bisogna perdersi nelle sensazioni recate dal vino per poi ritrovarsi magicamente in domini dello spirito e dei sensi mai esplorati. Un viaggio che non sia organizzato, pianificato, prevedibile. Data la delicatezza della materia basta assumere un atteggiamento invadente, saccente, presuntuoso per pregiudicare qualsiasi possibilità di avvicinamento al “genius loci” che si annida in qualsiasi bottiglia. Solo un approccio sinceramente empatico richiama l’energia positiva racchiusa nel bevante. Conosco schiere di famosi professionisti della degustazione i cui giudizi hanno perso definitivamente qualsivoglia validità. E’ accaduto che sono caduti nella rete dei loro stessi pensieri e delle loro stesse esperienze, sprofondati nelle sabbie mobili del loro gusto personale, con  la loro capacità di discernimento enoico spesso ottenebrata, specie quando hanno avuto a che fare con “Vini Estremi”. Come recita l’invito  all’evento organizzato da “Bacco & Perbacco” a Lucera in collaborazione con “Les Caves de Pyrene” , i “Vini Estremi” sono quelli  “…ottenuti da uve prodotte in condizioni ambientali particolarmente difficili - espressione di una viticoltura "eroica" e quindi a nostro avviso meritevole di particolare elogio ed attenzione…”. La scelta è caduta sui seguenti e rari nettari:
Metodo Classico Extra Brut 2011  di  “Cave de Morgex et La Salle”, Monte di Grazia Bianco 2013 dell’azienda omonima, Valtellina Superiore Cru "Cà Fracia" 2000  di Balgera e per finire Torroja 2012  dell’ azienda spagnola del Priorat “Terroir al Limit”. Alla presenza di Giada Talpo di  “Les Caves de Pyrene” e dei consueti amici di “Bacco & Perbacco” , si è cominciato stappando le bollicine valdostane. In alta quota il Priè Blanc è nel suo territorio d’elezione. Vigne ad oltre mille metri costituiscono un difficile banco di prova per qualsivoglia tentativo enoico. Ma i vantaggi risiedono nelle basse rese e  nelle notevoli escursioni termiche. Se a questi elementi si aggiunge  la pervicace volontà dei produttori di “Cave de Morgex et La Salle” di fare qualità assecondando la vocazione naturale del territorio, il gioco è fatto. Golosità ad ogni sorso, questo è il Metodo Classico extra-brut 2011 alla prova. Perfetto incipit per una serata che promette “inedite” faville. E se ne ha subito una riprova con il Monte di Grazia Bianco 2013. Misterici i vitigni:
Biancatenera, Ginestra e Pepella. Fantastico il contesto ambientale: siamo sulla Costiera Amalfitana, nella frazione Polvica di Tramonti. Macchia mediterranea d’intorno, il respiro del mare di fronte e l’impervia giacitura, fanno del vigneto di Alfonso Arpino un “unicum” nel panorama vitivinicolo italiano, con viti secolari che sono autentici monumenti arborei di commovente bellezza. E la diversità la si ritrova tutta nel bicchiere. Nessuna fruttuosità e florealità caricaturale, ma  un naso affilato di note balsamiche e pungenti, con delicati richiami floreali montanti, cera d’api  e suggestioni iodate.  Mirabile la fusione fra l’anima mediterranea, con sprazzi di afrori di “macchia”, e la vocazione nordica con dinamismo acidulo e minerale. In bocca è di bevibilità furente. Col Valtellina Superiore Cru "Cà Fracia" 2000  di Balgera si scaldano i toni. Sempre vigneti d’Alta Quota; sempre acidità sugli scudi. Ma c’è la mobidezza di alcol ed estratti ad integrare l’afflato minerale sfociando in una più generale suadenza gustativa. Poi, il gran finale: Torroja 2012  di “Terroir al Limit”. Il “Priorat” non esisteva mediaticamente ed era ben poca cosa da un punto di vista vinicolo fino agli anni ’90 del secolo scorso. Ma agli inizi del duemila proprio lì è scoppiato un vero e proprio “fenomeno” enoico. Come sempre accade in questi casi è sempre l’uomo-sognatore a fare la differenza prima ancora di qualsivoglia terroir. Nella fattispecie il “miracolo” è in comproprietà fra i seguenti “pionieri” : René Barbier del “Clos de Magador”, Carlos Pastrana del “Clos de l’Obac”, José Luis Pérez del “Clos Martinet”, Alvaro Palacios dell’azienda “L’Ermita” e Daphne Glorian del  “Clos Erasmus”. Le loro realizzazioni vinicole, coniugando antiche tradizioni e modernità, hanno dato rinomanza mondiale a tutto il comprensorio della provincia di Tarragona, nella Catalogna. Loro hanno capito una cosa fondamentale che in tanti faticano a comprendere ovunque nel mondo: tradizione e innovazione non sono termini antitetici. Che cos’è la tradizione se non un’innovazione riuscita? Il problema nasce quando questo binomio  conduce allo stravolgimento del rapporto uomo-natura, con il primo a tiranneggiare la seconda con interventi invasivi atti ad ottenere forzosamente determinati risultati . Nessun pregiudizio dunque, ma solo pratiche agronomiche e di trasformazione rispettose del terreno, della pianta e del frutto uva tali  da  ottenere grandi vini che rispecchino l’habitat che li ha generati, questo è quello che vale. In principio fu il Carignan a proficuamente allignare. Poi gli si è affiancata la Grenache, fino alla Syrah che ben si adatta a queste zone. Che cos’è il Torroja 2012  di “Terroir al Limit”? Innanzitutto un blend di uve al 50% Grenache e al  50% Carignan ricavate da una vigna di 6,8 ettari su di un terreno ricco di ardesia. Con i suoi 366 metri sul livello del mare è una delle vigne più alte del Priorat.  La fermentazione procede spontanea per 15-20 giorni e l’affinamento si consuma per  24 mesi in botti di rovere francese di grande capienza (fino ai 1800 litri). E’ il classico vino che mette d’accordo tutti, prerogativa dei grandi: vibrante dinamismo su di un tappeto di frutti rossi orlato di spezie. Tannini ben integrati, suadenza, bevibilità. Cosa chiedere di più ad un rosso importante? Il “Priorat” si coglie nei toni caldi, nelle note di bacche nere, nel richiamo all’uva appassita, nella persistenza e nella salinità. Un gioiello incastonato in una progressione enoica perfetta. Per il supporto gastronomico a sostegno di cotanta beva lo “chef”  di  “Bacco & Perbacco” ci ha deliziati con preparazioni golosissime di grandissima delicatezza e creatività : “Pralina di ricotta e cime di rapa con vellutata di zucca, dripping di parmigiano e veli di bresaola” con lo spumante,  “Quadroni ai carciofi con zafferano, spaghetti di zucchina e paillettes di speck croccante” con il bianco della Costiera amalfitana, “Verticale di maialino, melanzane e pomodorino al forno con crema di patate alle erbette mediterranee” accompagnata da sublimi patatine fritte con il nettare valtellinese ed infine  “Sfogliatella al pecorino di Pienza con gelatina all’aceto balsamico” con il misterico rosso spagnolo. Grande chiusa affidata ad un fuori-programma anch’esso enoico: il “Rossobordò” di Walter Mattoni. Ma questa è già un’altra storia.
Rosario Tiso



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