Meglio il non detto che un’opinione superficiale e manieristica. Meglio le
espressioni umorali e la poesia che una conoscenza formale. Tante enoiche “pietre
preziose” abbisognano di un contesto edonistico e spirituale adatto per
rilucere e per non diventare, nella fredda e obitoriale trattazione tecnica, bieca
bigiotteria. Premetto che, essendo il vino una materia in continuo divenire,oggi non
sottoscriverei nessuna opinione
integralmente. Non rinnego nulla,ma considero possibile il cambiamento.
E soprattutto ho capito una cosa: per essere un degustatore autentico ed “intero”
non devo escludere nulla di me. Posso enfatizzare parti di me ma ho il
diritto-dovere di essere tutto in tutti e di dare attenzione anche al benché
minimo particolare che il cammino della vita alle prese con il vino offre al
mio discernimento. Per cui non cerco un
ricovero intellettuale,per quanto confortevole,ma aspiro all’arditezza della
salita verso vette sensoriali sempre più alte, congiunture astrali le più
complesse,perché,come diceva Pessoa,”..la
luna in ogni lago, tutta risplende perché in alto vive..”. Salvo poi
scoprire che la scienza, e quella enologica non fa eccezione, più che spiegare spesso complica e non svela
il mistero. Poco male. Tanto non appartengo a nessuno se non all’estasi.
L’emozione è la discriminante principale delle mie scelte enoiche e precede sempre qualsiasi etichetta,qualsiasi
formulazione teoretica,qualsiasi credo. E il mondo del vino è un giardino pieno
di fiori profumati. Infinite possibilità per le infinite declinazioni dell’amore. Pretendo dunque che un vino vada
cercato nel bicchiere, ma non troppo e non troppo a lungo. Sottile è la linea
di demarcazione fra la realtà e il vagheggiamento enoico. Facile è il pericolo
di spacciare le proprie emozioni
(provenienti da arcane sorgenti complesse e imperscrutabili) per qualità
intrinseche del nettare. Ma correrò il rischio, non rinuncerò mai al volo e mi abbandonerò all’avventura eno-gastronomica
ogni qualvolta ne avrò l’opportunità.
Il binomio “Les Caves de Pyrene” per i vini e la vineria-ristorante “Bacco e Perbacco” di Lucera per le
preparazioni culinarie assicurano, ogni volta che operano di concerto, l’ebbrezza di
un’esperienza. La degustazione odierna ha per tema "La Francia
del Sud", quegli spalti vitati a ridosso del versante francese dei Pirenei
. Sono zone poche note, di gran fascino e
rappresentative di una viticoltura artigianale. Lo chef Domenico ha già
messo a punto il seguente menù:
“Cannolo di sfoglia al pomodoro e mozzarella su insalatina novella, crema di basilico e perline di aceto balsamico”;
“Cavatelli al ragù bianco di maialino, fave fresche e chips di canestrato pugliese”;
“Stracotto di manzo al pepe verde con scalogno al vino rosso e patata allo zafferano”;
“ Fantasie di dolci : bignè ripieno al marron glacè e cioccolato bianco, mousse alla banana fragole e mandorle, carpaccio di ananas con panna cotta al caramello e cocco”. L’eccellenza delle preparazioni culinarie ci ha strabiliati. Tutto a consuntivo è risultato di magnifica fattura e non è stato possibile neppure stilare una classifica di gradimento tale è stata la soddisfazione sensoriale che ogni piatto ha ingenerato negli astanti. Forse si potrebbe, nello “stracotto”, individuare il vertice della succulenza dell’intero percorso gustativo. Complimenti sempre più convinti allo chef!! E i vini ?
Col Rackham 2011 delle Distillerie Cazottes si sono aperte le danze. Da un produttore maniacale di distillati una vera chicca: solo mezzo ettaro coltivato a Folle Noir (vitigno che nasce in Jurancon dall’incrocio fra Folle Blanche ed il Malbec) danno vita ad un vino che ha nella freschezza e la bevibilità le sue armi di seduzione. Ma non solo. L’impianto olfattivo sembra evocare una landa selvaggia dove una bassa vegetazione mediterranea dilaga. Si sente forte l’origano e altre piante aromatiche. Con il Domaine Arretxea, che si trova nella zona denominata “Irouléguy “, si eleva l’asticella del gusto. L'Irouléguy e' un'appellazione costituita da nove comumi situati nei Paesi Baschi “francesi”, sui Pirenei al confine con la Spagna, dove le viti sopravvivono dall'XI secolo grazie ai terrazzamenti che hanno rubato spazio alla roccia. Il Domaine Arretxa è stato fondato nel 1989 da Thérèse et Michel Riouspeyrous , si estende su 6ha dei quali 4ha vitati a rosso ( i due Cabernet , Tannat )e 2ha a bianco ( Petit e Gros Manseng , Petit Courbu )e dal 1993 opera in regime di agricoltura biologica e biodinamica. . In basco "xuri" significa bianco mentre "Hego" del sud. L’ Irouléguy Blanc “Hegoxuri” 2008 (60% Gros Manseng, 35% Petit Manseng, 5% Courbu) stupisce. Quali piante, quali fiori, quali frutti, quali minerali hanno generato una simile "genìa" di suggestioni? Ha un naso esotico e minerale , una beva complessa e accattivante, un’intercapedine acida che sottende ad ogni sensazione. Ed è soprattutto armonioso. E’ forse il nettare migliore del lotto. L’ Irouléguy Rouge Tradition 2007 (66% Tannat, 17% Cabernet Franc, 17% Cabernet Sauvignon) ha invece un approccio gustativo più caldo e morbido ma non mancano profumi netti, dinamismo gustativo e vibratile acidità. I profumi netti e le tinte forti si imprimono nelle uve : I Paesi Baschi sono terra ad alta definizione. Si chiude con “La Magendia” 2011 di Clos Lapeyre. Uvaggio tipico della zona (80% Gros Manseng, 20% Petit Manseng) , si avvale di uve surmature per ammaliare. Lunga fermentazione e perfetto equilibrio fra dolcezza e acidità. Clos Lapeyre, nel cuore della denominazione Jurançon, fu acquistato nel 1920 da Jean Larrieu. Suo figlio Marcel ha continuato il duro lavoro intrapreso dal padre per coltivare la vigna di Clos Lapeyre.
Ora guidato da Jean-Bernard Larrieu, il vigneto di Clos Lapeyre ha 17 ettari e produce, in regime di agricoltura rigorosamente biologica, alcuni tra i vini più seducenti della denominazione Jurançon . Ad un certo punto la serata ha riservato un’inaspettata coda enoica. Sembrava un semplice bicchiere della “staffa” ma è risultato una rivelazione: Spigau Crociata 2007 di Fausto De Andreis de “Le Rocche del Gatto” . Siamo in Liguria, ad Albenga( SV ) e trattasi di Pigato. E che Pigato!!! Da queste uve mai visto scaturire un nettare dal colore giallo oro così vivo e intenso. Al naso piante di macchia e le loro forti fragranze; terra umida, tumida, pregna di sostanze minerali. Note ossidate e castagne. Spezie. L’acidità lo sorregge egregiamente e stempera la possanza dell’estratto. Elegante e raffinato pur nella decisa progressione gustativa. Una grandissima scoperta; un vino da braccare immantinente. La chiusa definitiva è stata appannaggio di un distillato d’autore: un “VERY RARE” ENMORE AND PORT MOURANT RUM 1998, un esperimento composto da soli tre barili contenenti un assemblaggio tra “Enmore” e “Port Mourant” distillati nel 1998 e posti ad invecchiare per 16 anni dalla “Demerara Distillers”. Solo 848 fantastiche bottiglie ad un tenore alcolico del 62,2%. Difficile pensare di trovare di meglio!! Cosa mi ha suggerito questa ennesima tappa del mio viaggio enoico? Che la novità è sempre foriera di grandi sorprese e di imboscate emozionali inedite. Ben vengano le sortite ondivaghe di “Les Caves de Pyrene” sulle tracce di questi autentici tesori in bottiglia e la ricerca parossistica dell’eccellenza da parte dei titolari di “Bacco e Perbacco”: non può che scaturirne un godimento assoluto.
“Cannolo di sfoglia al pomodoro e mozzarella su insalatina novella, crema di basilico e perline di aceto balsamico”;
“Cavatelli al ragù bianco di maialino, fave fresche e chips di canestrato pugliese”;
“Stracotto di manzo al pepe verde con scalogno al vino rosso e patata allo zafferano”;
“ Fantasie di dolci : bignè ripieno al marron glacè e cioccolato bianco, mousse alla banana fragole e mandorle, carpaccio di ananas con panna cotta al caramello e cocco”. L’eccellenza delle preparazioni culinarie ci ha strabiliati. Tutto a consuntivo è risultato di magnifica fattura e non è stato possibile neppure stilare una classifica di gradimento tale è stata la soddisfazione sensoriale che ogni piatto ha ingenerato negli astanti. Forse si potrebbe, nello “stracotto”, individuare il vertice della succulenza dell’intero percorso gustativo. Complimenti sempre più convinti allo chef!! E i vini ?
Col Rackham 2011 delle Distillerie Cazottes si sono aperte le danze. Da un produttore maniacale di distillati una vera chicca: solo mezzo ettaro coltivato a Folle Noir (vitigno che nasce in Jurancon dall’incrocio fra Folle Blanche ed il Malbec) danno vita ad un vino che ha nella freschezza e la bevibilità le sue armi di seduzione. Ma non solo. L’impianto olfattivo sembra evocare una landa selvaggia dove una bassa vegetazione mediterranea dilaga. Si sente forte l’origano e altre piante aromatiche. Con il Domaine Arretxea, che si trova nella zona denominata “Irouléguy “, si eleva l’asticella del gusto. L'Irouléguy e' un'appellazione costituita da nove comumi situati nei Paesi Baschi “francesi”, sui Pirenei al confine con la Spagna, dove le viti sopravvivono dall'XI secolo grazie ai terrazzamenti che hanno rubato spazio alla roccia. Il Domaine Arretxa è stato fondato nel 1989 da Thérèse et Michel Riouspeyrous , si estende su 6ha dei quali 4ha vitati a rosso ( i due Cabernet , Tannat )e 2ha a bianco ( Petit e Gros Manseng , Petit Courbu )e dal 1993 opera in regime di agricoltura biologica e biodinamica. . In basco "xuri" significa bianco mentre "Hego" del sud. L’ Irouléguy Blanc “Hegoxuri” 2008 (60% Gros Manseng, 35% Petit Manseng, 5% Courbu) stupisce. Quali piante, quali fiori, quali frutti, quali minerali hanno generato una simile "genìa" di suggestioni? Ha un naso esotico e minerale , una beva complessa e accattivante, un’intercapedine acida che sottende ad ogni sensazione. Ed è soprattutto armonioso. E’ forse il nettare migliore del lotto. L’ Irouléguy Rouge Tradition 2007 (66% Tannat, 17% Cabernet Franc, 17% Cabernet Sauvignon) ha invece un approccio gustativo più caldo e morbido ma non mancano profumi netti, dinamismo gustativo e vibratile acidità. I profumi netti e le tinte forti si imprimono nelle uve : I Paesi Baschi sono terra ad alta definizione. Si chiude con “La Magendia” 2011 di Clos Lapeyre. Uvaggio tipico della zona (80% Gros Manseng, 20% Petit Manseng) , si avvale di uve surmature per ammaliare. Lunga fermentazione e perfetto equilibrio fra dolcezza e acidità. Clos Lapeyre, nel cuore della denominazione Jurançon, fu acquistato nel 1920 da Jean Larrieu. Suo figlio Marcel ha continuato il duro lavoro intrapreso dal padre per coltivare la vigna di Clos Lapeyre.
Ora guidato da Jean-Bernard Larrieu, il vigneto di Clos Lapeyre ha 17 ettari e produce, in regime di agricoltura rigorosamente biologica, alcuni tra i vini più seducenti della denominazione Jurançon . Ad un certo punto la serata ha riservato un’inaspettata coda enoica. Sembrava un semplice bicchiere della “staffa” ma è risultato una rivelazione: Spigau Crociata 2007 di Fausto De Andreis de “Le Rocche del Gatto” . Siamo in Liguria, ad Albenga( SV ) e trattasi di Pigato. E che Pigato!!! Da queste uve mai visto scaturire un nettare dal colore giallo oro così vivo e intenso. Al naso piante di macchia e le loro forti fragranze; terra umida, tumida, pregna di sostanze minerali. Note ossidate e castagne. Spezie. L’acidità lo sorregge egregiamente e stempera la possanza dell’estratto. Elegante e raffinato pur nella decisa progressione gustativa. Una grandissima scoperta; un vino da braccare immantinente. La chiusa definitiva è stata appannaggio di un distillato d’autore: un “VERY RARE” ENMORE AND PORT MOURANT RUM 1998, un esperimento composto da soli tre barili contenenti un assemblaggio tra “Enmore” e “Port Mourant” distillati nel 1998 e posti ad invecchiare per 16 anni dalla “Demerara Distillers”. Solo 848 fantastiche bottiglie ad un tenore alcolico del 62,2%. Difficile pensare di trovare di meglio!! Cosa mi ha suggerito questa ennesima tappa del mio viaggio enoico? Che la novità è sempre foriera di grandi sorprese e di imboscate emozionali inedite. Ben vengano le sortite ondivaghe di “Les Caves de Pyrene” sulle tracce di questi autentici tesori in bottiglia e la ricerca parossistica dell’eccellenza da parte dei titolari di “Bacco e Perbacco”: non può che scaturirne un godimento assoluto.
Rosario
Tiso