sabato 31 gennaio 2015

Les Caves de Pyrene e la Francia del Sud



Meglio il non detto che un’opinione  superficiale e manieristica. Meglio le espressioni umorali  e la poesia  che una conoscenza formale. Tante enoiche “pietre preziose” abbisognano di un contesto edonistico e spirituale adatto per rilucere e per non diventare, nella fredda e obitoriale trattazione tecnica, bieca bigiotteria. Premetto che, essendo il vino  una materia in continuo divenire,oggi non sottoscriverei nessuna opinione  integralmente. Non rinnego nulla,ma considero possibile il cambiamento. E soprattutto ho capito una cosa: per essere un degustatore autentico ed “intero” non devo escludere nulla di me. Posso enfatizzare parti di me ma ho il diritto-dovere di essere tutto in tutti e di dare attenzione anche al benché minimo particolare che il cammino della vita alle prese con il vino offre al mio discernimento. Per cui  non cerco un ricovero intellettuale,per quanto confortevole,ma aspiro all’arditezza della salita verso vette sensoriali sempre più alte, congiunture astrali le più complesse,perché,come diceva Pessoa,”..la luna in ogni lago, tutta risplende perché in alto vive..”. Salvo poi scoprire che la scienza, e quella enologica non fa eccezione,  più che spiegare spesso complica e non svela il mistero. Poco male. Tanto non appartengo a nessuno se non all’estasi. L’emozione è la discriminante principale delle mie scelte enoiche e  precede sempre qualsiasi etichetta,qualsiasi formulazione teoretica,qualsiasi credo. E il mondo del vino è un giardino pieno di fiori profumati. Infinite possibilità per le infinite declinazioni  dell’amore. Pretendo dunque che un vino vada cercato nel bicchiere, ma non troppo e non troppo a lungo. Sottile è la linea di demarcazione fra la realtà e il vagheggiamento enoico. Facile è il pericolo di spacciare  le proprie emozioni (provenienti da arcane sorgenti complesse e imperscrutabili) per qualità intrinseche del nettare. Ma correrò il rischio, non rinuncerò mai al volo  e mi abbandonerò all’avventura eno-gastronomica ogni qualvolta ne avrò l’opportunità.                                                                                                          Il binomio “Les Caves de Pyrene” per i vini  e la vineria-ristorante  “Bacco e Perbacco” di Lucera per le preparazioni culinarie  assicurano, ogni  volta che operano di concerto, l’ebbrezza di un’esperienza. La degustazione odierna ha per tema "La Francia del Sud", quegli spalti vitati a ridosso del versante francese dei Pirenei . Sono zone poche note, di gran fascino e  rappresentative di una viticoltura artigianale. Lo chef Domenico ha già messo  a punto il seguente menù:
“Cannolo di sfoglia al pomodoro e mozzarella su insalatina novella, crema di basilico e perline di aceto balsamico”;
“Cavatelli al ragù bianco di maialino, fave fresche e chips di canestrato pugliese”;
“Stracotto di manzo al pepe verde con scalogno al vino rosso e patata allo zafferano”;
“ Fantasie di dolci : bignè ripieno al marron glacè e cioccolato bianco, mousse alla banana fragole e mandorle, carpaccio di ananas con panna cotta al caramello e cocco”. L’eccellenza delle preparazioni culinarie ci ha strabiliati. Tutto a consuntivo è risultato di magnifica fattura e non è stato possibile neppure stilare una classifica di gradimento tale è stata la soddisfazione sensoriale che ogni piatto ha ingenerato negli astanti. Forse si potrebbe,  nello “stracotto”,  individuare il vertice della succulenza dell’intero percorso gustativo. Complimenti sempre più convinti allo chef!! E i vini ?
Col Rackham 2011 delle  Distillerie Cazottes si sono aperte le danze. Da un produttore maniacale di distillati una vera chicca: solo mezzo ettaro coltivato a Folle Noir (
vitigno che nasce in Jurancon dall’incrocio fra Folle Blanche ed il Malbec) danno vita ad un vino che ha nella freschezza e la bevibilità le sue armi di seduzione. Ma non solo. L’impianto olfattivo sembra evocare una landa selvaggia dove una bassa vegetazione mediterranea dilaga. Si sente forte l’origano e altre piante aromatiche. Con il Domaine Arretxea, che si trova nella zona denominata “Irouléguy “, si eleva l’asticella del gusto. L'Irouléguy e' un'appellazione costituita da nove comumi situati nei Paesi Baschi “francesi”, sui Pirenei al confine con la Spagna, dove le viti sopravvivono dall'XI secolo grazie ai terrazzamenti che hanno rubato spazio alla roccia. Il Domaine Arretxa è stato fondato nel 1989 da Thérèse et Michel Riouspeyrous , si estende su 6ha dei quali 4ha vitati a rosso ( i due Cabernet , Tannat )e 2ha a bianco ( Petit e Gros Manseng , Petit Courbu )e  dal 1993 opera in regime di agricoltura biologica e biodinamica.  . In basco "xuri" significa bianco mentre "Hego" del sud. L’ Irouléguy Blanc “Hegoxuri” 2008 (60% Gros Manseng, 35% Petit Manseng, 5% Courbu) stupisce. Quali piante, quali fiori, quali frutti, quali minerali hanno generato una simile "genìa" di suggestioni? Ha un naso esotico e minerale , una beva complessa e accattivante, un’intercapedine acida che sottende ad ogni sensazione. Ed è soprattutto armonioso. E’ forse il nettare migliore del lotto. L’ Irouléguy Rouge Tradition 2007 (66% Tannat, 17% Cabernet Franc, 17% Cabernet Sauvignon) ha  invece  un approccio gustativo più caldo e morbido ma non mancano profumi netti, dinamismo gustativo e vibratile acidità. I profumi netti e le tinte forti si imprimono nelle uve : I Paesi Baschi sono terra ad alta definizione. Si chiude con La Magendia”  2011  di Clos Lapeyre. Uvaggio tipico della zona (80% Gros Manseng, 20% Petit Manseng) , si avvale di uve surmature per ammaliare. Lunga fermentazione e perfetto equilibrio fra dolcezza e acidità. Clos Lapeyre, nel cuore della denominazione Jurançon, fu acquistato nel 1920 da Jean Larrieu. Suo figlio Marcel ha continuato il duro lavoro intrapreso dal padre per coltivare la vigna di Clos Lapeyre.
Ora guidato da Jean-Bernard Larrieu, il vigneto di Clos Lapeyre ha 17 ettari e produce, in regime di agricoltura rigorosamente biologica, alcuni tra i vini più seducenti della denominazione Jurançon .                                                           Ad un certo punto la serata ha riservato un’inaspettata coda enoica. Sembrava un semplice bicchiere della “staffa” ma è risultato una rivelazione: Spigau Crociata 2007 di Fausto  De Andreis  de “Le Rocche del Gatto”  . Siamo in Liguria, ad Albenga( SV )  e trattasi di Pigato. E che Pigato!!! Da queste uve  mai visto  scaturire un nettare dal  colore giallo oro così vivo e intenso.  Al naso piante di macchia e le loro forti fragranze; terra umida, tumida, pregna di sostanze minerali. Note ossidate e castagne. Spezie. L’acidità lo sorregge egregiamente e stempera la possanza dell’estratto. Elegante e raffinato pur nella decisa progressione gustativa. Una grandissima scoperta; un vino da braccare  immantinente. La chiusa definitiva è stata appannaggio di  un distillato d’autore: un “
VERY RARE”  ENMORE AND PORT MOURANT RUM 1998, un esperimento composto da soli tre barili contenenti un assemblaggio tra “Enmore” e “Port Mourant”  distillati nel 1998 e posti ad invecchiare per 16 anni dalla “Demerara Distillers”. Solo 848 fantastiche bottiglie ad un tenore alcolico del 62,2%. Difficile pensare di trovare di meglio!!                                                                                                                     Cosa mi ha suggerito questa ennesima tappa del mio  viaggio enoico? Che la novità è sempre foriera di grandi sorprese e di imboscate emozionali inedite. Ben vengano le sortite ondivaghe  di “Les Caves de Pyrene” sulle tracce di questi autentici tesori in bottiglia e la ricerca parossistica dell’eccellenza da parte dei titolari di “Bacco e Perbacco”: non può che scaturirne un godimento assoluto.
Rosario Tiso








giovedì 29 gennaio 2015

Bevitori d'Alta quota



La passione per il vino ha segnato la mia esistenza. Sento spesso dire di me:”Considera il vino la cosa più importante della sua vita!”. Non saprei. Certo è che sto in perenne movimento,in un sempiterno viaggio enoico. Agli albori (parecchio remoti) della mia consapevolezza,muovevo i primi passi alla cieca. Tutto era da apprendere,provare,sperimentare. C’era ancora tutto da sbagliare. Ricordo con stupore di aver attraversato anch’io la fase dell’acquisto di una bottiglia solo perché aveva una bella etichetta! A ripensarci non mi pare possibile ma è accaduto! Poi,giocoforza,ho iniziato a perfezionare l’arte di orientarmi nel ginepraio delle denominazioni,dei vitigni,delle tecniche di vinificazione. Al punto che ho visto sorgere in me, lentamente ma inesorabilmente, la prima esigenza di bevitore adulto:approfondire con degli amici il rito della degustazione con vini sempre più performanti. Era giunto il tempo del “settarismo” enologico. Nacque così la “Setta dei bevitori estinti” ,tre bevitori (Antonio Lioce,Giorgio Gaetani e il sottoscritto) uniti dalla comune ammirazione per i  grandi bevitori-scrittori del passato:Mario Soldati,Luigi Veronelli ,Gianni Brera. Eroico quel tempo. Nella calda alcova del wine-bar Cairoli di Foggia si giocava a misurarsi con grandi bottiglie e ricche libagioni. Ma nulla dura in eterno e i bisogni si evolvono. Giunse l’epoca del “randagismo”  enologico. L’intuizione scaturì dai sontuosi aperitivi meridiani del Sabato consumati nella consueta cornice del wine-bar. L’aggregazione spontanea di assidui degustatori generò il movimento dei “Bevitori randagi”. Non tutti però sanno o possono esserlo. Ci si può incontrare per caso,voler bere assieme,ma portarsi  dentro una sorta di stanzialità congenita,come il proprio guscio per una lumaca,una sorta di fissità intellettuale paralizzante e paralizzatrice. Scaduto il tempo dell’innamoramento per qualsivoglia istanza,il vero bevitore assurge ad ulteriori raggiungimenti enoici e spirituali. Un percorso ancora più arduo e singolare m’attendeva:l’avventura dei “Bevitori d’Alta quota”. Gli ultimi  nati  dalla mia irrequietezza poetica e dal mio estro quasi letterario promettono di farne tanta di strada. Il bevitore randagio è come un passeggero di un autobus guidato dal fato dove ad ogni fermata sale il primo che capita. Il “Bevitore d’Alta quota” è lui stesso l’autista di quell’autobus e ad ogni fermata fa salire solo autentici sodali,compagni di cordata,appassionati della sua risma. Nel segno di una ricerca enoica sempre più qualitativa,più spinta,più universale. Nel frattempo il versante squisitamente culturale del mio percorso umano ed esistenziale  si è arricchito di un corso da Sommelier con felice conseguimento finale dell’attestato di  terzo livello. E’  poi  successo che ho imboccato il sentiero “Slow wine” . E ancora che sono inciampato nei nettari celestiali della scuderia “Les Caves de Pyrene”.Tante strade che conducono all’unica grande “casa” dei veri amanti del vino. Non so quanto durerà questa fase così complessa,articolata ed entusiasmante. Forse tutta la vita. So solo che il frutto della vite  è stato ed è il protagonista assoluto di queste peregrinazioni fisiche ed intellettuali. E se prima bastavano qualche amico e il solito locale,adesso è il mondo lo scenario in cui ci muoviamo,io e tutti i “Bevitori d’Alta quota”  con i quali incrocerò il bicchiere.
Rosario Tiso



mercoledì 28 gennaio 2015

Piadipizza pomodoro e mozzarella


Ingredienti:
1 piadina (senza agenti lievitanti)
3 cucchiai di passata di pomodoro
1 pizzico di sale
olio d’oliva
1 spicchio d’aglio
origano
2 mozzarelle di bufala

Procedimento:
Insaporiamo in un pentolino la passsata di pomodoro con olio, aglio e sale.  Nel frattempo in una padella antiaderente  scottiamo da ambo i lati la nostra  piadina, senza farla indurire. A questo punto la impiattiamo, condiamo col pomodoro e mozzarella sbriciolata e passiamo nel forno a microonde per pochi secondi…..passaggio necessario per far sciogliere la mozzarella. Una spolverata di origano prima di servire ben calda.20141120_205312-1
Il risultato è eccezzionale a costo molto basso!!!
Consiglio: ideale per gli intolleranti agli agenti lievitanti.
http://www.lericettediolga.it/

Piatto tricolore con crema di rucola e uvetta


Ingredienti:
125 g. di rucola;
1 cucchiaio di uvetta (si può aumentare la dose se si vuole un sapore più dolciastro o diminuire se si vuol far prevalere l’ amaro della rucola);
lardo; pomodorino pachino; olio d’oliva; sale; origano.
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Allora amici miei, mettiamo in una ciotola la rucola, l’uvetta (ammorbidita con acqua fredda per qualche minuto), mezza tazzina d’olio e un pizzico di sale fino. Frulliamo il tutto (con un semplice frullatore ad immersione) fino al raggiungimento di una crema liscia e vellutata. Mentre impieghiamo pochi minuti per fare questo, inforniamo del pane tagliato in modo sottile (preferibile pane di Monte Sant’Angelo FG) dove ci andiamo a mettere le fettine di lardo da far sciogliere, sui crostini quasi pronti (ossia quando diventano dorati). A questo punto prendiamo un bel piatto piano, ci poggiamo il pane tostato ancora caldo e cominciamo a fare i giochi di colori, alternando la crema verde da spalmare sul lardo sciolto, con i pomodorini tagliati a cubetti insaporiti con un pizzico di sale, olio ed origano. Per rendere il piatto completo possiamo aggiungere altre fettine di lardo da posizionare negli spazzi vuoti (come in foto)                                                                                                                                                                              
risultato?……..sapore delicato e particolare…………..provare per credere!!!
fonte http://www.lericettediolga.it

Fusilli trafilati al bronzo con melanzane e olive


Ingredienti per 4 persone:
350 gr. di pasta
2 melanzane grandi
250 gr. di pomodoro pelato
olive nere
1 spicchio d’aglio
sale
olio d’oliva
Procedimento:
Laviamo e tagliamo a cubetti le melanzane e facciamo soffriggere in una padella antiaderente con olio, aglio e sale fino. Nel frattempo mettiamo a bollire l’acqua con il sale grosso. A metà cottura delle nostre melanzane, versiamo il pomodoro pelato schiacciato precedentemente con una forchetta. Lasciamo insaporire per qualche minuto e  quasi a fine cottura ci inseriamo una manciata di olive nere. Scoliamo la pasta al dente, passandola un attimo sotto l’acqua corrente fredda, per stoppare la cottura, (specie se è un pò più cotta) e saltiamo tutto ancora per qualche minuto. Serviamo il nostro piatto bello caldo con qualche foglia profumata di basilico per decorare.
Piatto semplice, veloce, economico e accontenta quasi tutti i palati!
http://www.lericettediolga.it/archives/254
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brisè con cime di rape


Ingredienti per 8 persone:
1 rotolo di pasta brisè
500 gr. di cime di rape
3 uova
sale
2 cucchiai di formaggio grattuggiato
2 mozzarelle medie
Procedimento:
Stendiamo un rotolo di pasta brisè in una teglia da 28 cm, servendoci della carta da forno. In una ciotola lavoriamo, con l’aiuto di una forchetta, le uova con il formaggio, il sale e le mozzarelle spezzettate. A questo punto incorporiamo la verdura, lessa precedentemente. Amalgamiamo per bene tutti gli ingredienti e versiamo sulla nostra brisè, avendo cura di livellare per bene. Inforniamo a 180° per circa 35/40 minuti. Servire tiepida.
Che dire…….semplice, veloce, gustosa ed economica.
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Cavatelli di pasta fresca con i fagioli cannellini



Ingredienti per 4 persone:

250 gr. di pasta fresca;

400 gr. di fagioli;

olio;

1 spicchio d’aglio;

sale;

2 pomodori freschi;

1 pizzico di peperoncino in granelli (a scelta);

Procedimento:

Mettiamo a bagno i fagioli per un paio d’ore con un pizzico di bicarbonato, (per facilitare la cottura). Trascorso il tempo necessario facciamo cuocere a fuoco medio, aggiungendo il sale. Nel frattempo insaporiamo olio, aglio, peperoncino e pomodori, prestando attenzione a non far bruciare l’aglio. Quindi versiamo tutto nei fagioli, per altri 20 minuti circa.

Consiglio: in alternativa ai fagioli secchi, si possono usare eccezionalmente i precotti…
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Il Simposio dei Gaudenti



Quando mi sono accostato per la prima volta con passione all'universo-vino,nutrivo la segreta ambizione di bere tutti i più grandi "nettari" della terra,sì da poter dire un giorno di non aver altro da scoprire,di possedere ogni nozione e ogni esperienza,una sorta di condizione di totale comprensione.
Ormai so,a distanza di anni, incanutito nel viso e nelle intenzioni, che devo accontentarmi della speranza di aver bevuto qualche buona bottiglia e nulla più,tale è la vastità dell'offerta,la profondità delle annate,la messe di eccellenze vinicole aggiunte all'esistente che rendono il mondo del vino una realtà in continua espansione,con profili organolettici cangianti,di dimensioni pressoché infinite.
Ma nel piacere profondo,ineffabile della degustazione,quando si sfiorano per un attimo tutte le corde del piacere e lo spirito si dilata ed entra in una specie di "trance",manca poco che si rasenti la felicità.
E quella infinità che si è fallita in lunghezza e quantità la si centra,per un attimo,in larghezza e qualità.
Io che ho sempre creduto l'ingenuità appannaggio degli ignoranti e che la malizia nuocesse gravemente a qualsiasi moto d'innocenza,ho iniziato a sospettare che la reale comprensione delle cose non fosse direttamente proporzionale al sapere e che l'aver bevuto tanto mi conducesse ad una sorta di nuovo inizio,dove si è creduli davanti a qualsiasi fantasmagorìa vinicola,quasi come un perfetto neofita,salvo poi saggiarla criticamente nel tempo.
Son caduto sotto l'irresistibile malìa di tante mode e vini che mi hanno sinceramente emozionato adesso stento a ricordarli.
Credo in definitiva che l'amore per un vino sia fatto di cose in parte inspiegabili,oscure.
A volte i vini sanno smuovere dei ricordi e ciò è sufficiente ad agganciare le nostre emozioni,perché se spazialmente siamo corporeità e sensi,sentimentalmente abitiamo il dominio della memoria.
Quel che sicuramente giova a coloro che si ritengono viandanti "enoici" è il fitto e consueto fraseggio degli appassionati.
Da mille strade,da sentieri diversi,da storie lontane,come raggi che si asserpano all'unico "sole" del condiviso amore per il vino,ci siamo ritrovati in sparuto lotto di aspiranti sommelier a cominciare una frequentazione più intima e proficua.
Il corso AIS è stato il luogo principe d'incontro e il primo e più vero movente d'aggregazione. Ma senza quelle affinità elettive che oscuramente attraggono animi apparentemente anche così diversi,non sarebbe scoccata nessuna scintilla relazionale.
Ci siamo ritrovati così,quasi magicamente,in sei attorno ad una tavola imbandita al wine-bar Cairoli di Foggia:Filomena Zerrilli detta "Filo",Tiziana Leone detta "Tizy",Giovanni Lombardi lo "skipper",Lino Bua..."il Bua",Antonio Lioce detto "Liox",Rosario Tiso detto "Ros".
Quel che ci accomuna è una spiccata propensione alla curiosità,uno sguardo aperto sul mondo,una sete inestinguibile di conoscenza e di piacere.
Ancora una volta il vino è il collante e il fine e detta i ritmi e gli umori della relazione. Ad un sontuoso "primo" di "Paccheri" con alici "millesimate" cantabriche e pomodorini osiamo accostare in abbinamento un "sauvignon" della Loira,un Pouilly-Fumè di rara leggiadrìa.
L'appellativo "fumè" se lo merita tutto questo "nettare" del Domaine des Berthiers 2008 del proprietaire-recoltant Jean-Claude Dagueneau.
Da una famiglia dall'impareggiabile "pedigree",una versione di "sauvignon" golosa eppure fresca,complessa e nel contempo fragrante. Sullo sfondo organolettico un velo di idrocarburi ammanta lievi note speziate.
Poi,con imberbe sfrontatezza,si è passati a tutt'altra musica:un etereo Nambrot 2000 della Tenuta di Ghizzano.
Rosso potente a dominante merlot,il vino ha richiesto pietanze di analoga importanza volumetrica e succulenza e la partita si è giocata con carni "chianine","angus" argentino e perfino del cinghiale.
Il tannino ancora graffiante del grande supertuscan ha trovato equilibrismi gustativi efficaci.
Finire col Muffato della Sala 2006 di Antinori e del cioccolato di Claudio Corallo,per quanto il testo AIS suggerisca un distillato a fronteggiare l'amaritudine del cacao,ha il sapore di un'autentica apoteosi conclusiva.
Guardando gli occhi felici degli astanti,ascoltando il loro allegro cinquettìo in un profluvio di parole,ho avuto la forte impressione di essere al centro di un "Simposio" di gaudenti.
Perché non sentirsi "carbonari" in un mondo in cui la regola sembra essere l'omologazione? Nasce così l'idea e l'esigenza di darci un nome,un motivo di distinzione.
Uscire dal "randagismo" enologico.
Sono fioccate le ipotesi. Chiamarsi "Sommelier per sempre","Sommelier per caso","Nati Sommelier","Finti Sommelier","I Sommelier di grano duro","Six for A.I.S." son state le proposte. Ma forse "Il Simposio dei Gaudenti" ,nell’alveo più generale dei bevitori “randagi”,potrebbe bastare.
Rosario Tiso